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Un manifesto per la laicità del 2004 di donne e uomini di cultura musulmana

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Ritrovare la forza di una laicità vivente

di Amina Crisma

Questo manifesto, Retrouver la force d’une laïcité vivante, è apparso undici anni fa, il 16 febbraio 2004, su Libération, ed è stato firmato da 1932 persone: donne e uomini di cultura musulmana di diversi orientamenti – credenti, atei, agnostici… – e di diverse professioni e condizioni sociali (insegnanti, avvocati, giornalisti, impiegati, infermieri, disoccupati…), in prevalenza abitanti in Francia, o in Paesi europei, ma anche in altri Paesi (USA, Algeria, Tunisia, Marocco, Pakistan…). E’ una chiara e netta presa di posizione per la laicità, contro il fanatismo e l’intolleranza, contro la misoginia, contro l’omofobia, contro l’antisemitismo, contro l’Islam politique, ossia contro la strumentalizzazione politica integralista, autoritaria e intollerante della religione musulmana. Ma non si limita a questo: esprime anche la preoccupazione che le parole d’ordine violente e intolleranti trovino fertile humus nella frustrazione e nel disagio dei giovani figli dell’immigrazione, ed esorta ad attuare una fattiva azione di lotta a ogni discriminazione.

In Italia era stato allora pressoché ignorato (ne aveva parlato solo il quotidiano il manifesto). Forse dava e dà fastidio a qualcuno che questo islam esista? Perché si preferiva e si preferisce non vederlo? Come che sia, ci sembra opportuno riproporlo negli scenari di oggi all’attenzione e alla riflessione dei nostri lettori (traduzione di Amina Crisma).

Noi, uomini e donne di cultura musulmana, credenti, agnostici o atei… denunciamo con il massimo vigore le dichiarazioni e gli atti di misoginia, di omofobia e di antisemitismo che si richiamano all’islam di cui siamo testimoni da qualche tempo in Francia. Vediamo manifestarsi in questo una trilogia caratteristica dell’islam politico che imperversa da lungo tempo in molti dei nostri paesi d’origine e contro il quale abbiamo lottato e siamo risoluti a combattere ancora.

 L’eguaglianza dei sessi, presupposto di ogni democrazia

Noi siamo fautori profondamente convinti dell’eguaglianza di diritti fra i sessi, e combattiamo l’oppressione di cui sono vittime le donne sottomesse a un diritto di famiglia oppressivo, come  avviene in Algeria (in proposito, i recenti progressi del Marocco gettano una luce ancor più cruda sul ritardo algerino) e talora persino in Francia, per mezzo delle convenzioni bilaterali. Siamo convinti che non ci può essere democrazia senza tale eguaglianza di diritti, ed è per questo che sosteniamo senza ambiguità la campagna «20 ans, barakat !» (“vent’anni, ora basta!”) promossa dalle associazioni di donne algerine che culminerà nel marzo 2004 e che chiede la soppressione definitiva del codice di famiglia contro il quale esse si battono da vent’anni.

E’ anche per questo motivo che noi ci opponiamo a portare il velo islamico, a prescindere dalla posizione di ciascuno di noi sull’opportunità di una legge che oggi lo vieti nelle scuole in Francia. In diversi paesi abbiamo visto le violenze, e in certi casi perfino la morte, inflitte a nostre parenti, amiche o conoscenti perché rifiutavano di portarlo, e dichiariamo che, se è vero che l’attuale diffusione del velo in Francia ha trovato un fertile humusnelle discriminazioni di cui sono vittime i figli dell’immigrazione, in nessun caso essa vi ha trovato una causa, e certamente non si tratta qui di un richiamo alla memoria magrebina: dietro questa pretesa “scelta” rivendicata da un certo numero di ragazze velate, c’è invece il preciso intento di promuovere una società politica islamista fondata su un’aggressiva ideologia militante e impregnata di valori che rifiutiamo.

Stop all’omofobia

Per gli islamisti come per tutti i maschilisti e gli integralisti, “essere un uomo” significa avere il potere sulle donne, compreso il potere sessuale. Ai loro occhi, ogni uomo che sia favorevole all’eguaglianza dei sessi è potenzialmente un mezzo uomo (come dicono loro, un «finocchio»). Questo modo di pensare è diffuso in seguito all’ascesa dell’islamismo politico, e la sua ipocrisia è pari alla sua ferocia. Uno degli organizzatori della manifestazione del 17 gennaio 2004 in favore del velo ha dichiarato che “è scandaloso che quelli che si sentono urtati dal velo non si sentano urtati dall’omosessualità”: per lui, senza dubbio, una società virtuosa è una società che chiude le donne dentro i veli, e gli omosessuali dietro le sbarre, come si è visto fare in Egitto.

Rabbrividiamo pensando a che cosa comporterebbero queste teorie, se dovessero trionfare, per gli “impudichi”, ossia per le donne non velate, per gli omosessuali o i miscredenti. Noi siamo invece convinti che il riconoscimento dell’esistenza dell’omosessualità e la libertà per gli omosessuali di condurre come vogliono la loro vita sia un innegabile progresso: se un individuo non viola le leggi che proteggono i minori, le sue scelte sessuali riguardano lui soltanto, e in nessun caso lo Stato.

Contro l’antisemitismo 

Infine, noi condanniamo, con la massima fermezza, le affermazioni antisemite presenti in certi discorsi proferiti di recente in nome dell’islam. Così come si rivolgono contro le donne “impudiche” e contro gli omosessuali, tali discorsi istigano a colpire gli ebrei: “loro hanno tutto, noi non abbiamo niente”, si è sentito dire nella manifestazione del 17 gennaio.  Vediamo qui all’opera la strumentalizzazione del conflitto israelo-palestinese da parte dei movimenti integralisti a vantaggio dell’antisemitismo più inquietante. Nonostante la nostra opposizione all’attuale politica del governo israeliano, noi rifiutiamo di alimentare una visione arcaica e fantasmatica dell’ “Ebreo” mediante la strumentalizzazione di un conflitto storico e reale fra due popoli; noi riconosciamo il diritto all’esistenza di Israele, così come l’hanno riconosciuto, successivamente, il congresso dell’OLP svoltosi ad Algeri nel 1988 et il summit della Lega araba riunito a Beirut nel 2002 ; ed è in questo duplice riconoscimento che si inscrive il nostro impegno a fianco del popolo palestinese nel suo diritto a fondare uno Stato e a far evacuare i Territori occupati.

Una laicità vivente

Siamo consapevoli che l’islam non è adeguatamente riconosciuto in Francia, che ci vorrebbero più luoghi di preghiera, spazi comunitari, cimiteri… Siamo inoltre consapevoli del fatto che dei giovani francesi nati dall’emigrazione subiscono un considerevole ritardo nella loro promozione sociale e una discriminazione constatata da tutti gli osservatori, e che l’idea di laicità “alla francese” ha perso molto del suo valore per loro.

Di fronte a tale perdita di valore, si presentano loro due vie: o ritrovare la forza di una laicità vivente, ossia dell’azione politica quotidiana per far avanzare i loro diritti e rivendicare le conquiste per cui si sono spesso battuti i loro padri e le loro madri, che appartenevano a delle classi sociali, delle culture, dei  popoli, delle nazioni, prima di appartenere al’islam, o invece riconoscersi in una Umma fittizia e  virtuale che non ha niente a che vedere con la realtà che li circonda, e che si ammanta di orpelli repubblicani o terzomondisti per poter meglio disegnare una società ineguale, repressiva e intollerante. Questa seconda via non può essere la nostra.

(il testo originale dell’appello e l’elenco completo dei 1932 firmatari sono visibili nell’archivio di Libération)

Primo elenco dei firmatari:

Madiha Abada, biologiste ; Mohamed Abdi, secrétaire national de Ni putes ni soumises ; Karima Agmir, responsable associative ; Méziane Aguercif, pédiatre ; Séverine Aït-Kacemi ; Nadia Aït Si Slimane, infirmière retraitée ; Taous Aït Si Slimane, médiatrice scientifique ; Sanhadja Akrouf, éducatrice, militante associative ; Mehdi Allal, consultant ; Tewfik Allal, militant syndical ; Zaki Allal, ingénieur du son ; Mohammed-Ali Allali, chômeur ; Slimane Amara, responsable associatif ; Soumya Ammar-Khodja, écrivain ; Farid Ammar-Khodja, universitaire ; Nadia Amiri, infirmière, chercheuse ; Hakim Arabdiou, salarié ; Alima Arouali, cinéaste ; Ahmed Assemouh, architecte ; Salim Bachi, écrivain ; Réda Belkhodja, ingénieur retraité ; Kamel Benabdessadok, correcteur ; Ahmed Benallègue, ingénieur ; Mustapha Benallègue, enseignant retraité ; Souraya Benammar, chirurgien ; Louisa Benazzoul, animatrice radio ; Chérif Benbouriche, responsable associatif ; Djamel Eddine Bencheikh, enseignant, écrivain ; Farah Bendada, lycéenne ; Fewzi Benhabib, physicien, enseignant ; Salim Benhabib, ingénieur ; Djamel Benmerad, journaliste ; Farid Bennour, sociologue ; Mohamed Benrabah, enseignant ; Aziz Bensadek, enseignant ; Zouina Bensadek, enseignante ; Fethi Benslama, écrivain, psychanalyste ; Zahia et Mohamed Benslimane, enseignants ; Fadila Bent Abdeslam, médiatrice juridique ; Fatima Besnaci-Lancou, éditrice ; Mohammed Bokhamy, consultant ; Saïda Boukhemal, réalisatrice ; Nadir Boumendjel, médecin ; Nadia Châabane, enseignante ; Chahla Chafiq-Beski, écrivain ; Sérénade Chafik, écrivain ; Mamia Chérif, chanteuse ; Zohra Chorfa ; Rebeha Chougui, informaticienne ; Rachid Chougar, médecin, militant associatif ; Zakya Daoud, écrivain ; Ahmed Debbouze, conseiller municipal ; Tassidit Debec, animatrice ; Zineb Doulfikar, assistante sociale ; Mohamed El-Baki, militant syndical, conseiller municipal ; Nadia El-Fani, réalisatrice ; Ahmed El-Kaladi, chercheur, enseignant ; Hassan El-Khabir, enseignant ; Nabile Farès, écrivain, psychanalyste ; Latifa Gadouche, juriste ; Hafid Gafaïti, enseignant chercheur ; Laïla Garnier, militante associative ; Claudine Ginet-Bencheikh, médecin ; Bachir Hadjadj, ingénieur retraité ; Haider Hadjadj, chirurgien ; Ghania Hammadou, journaliste, écrivain ; Mohammed Harbi, écrivain, historien ; Idir, chanteur ; Safia Iftissen, militante associative ; Kébir Jbil, président du mouvement des Maghrébins laïques de France ; Houria Kaci Ighilahriz, enseignante ; Hadj Ahmed Khélil, économiste ; Salima Kheloufi, metteur en scène ; Hakim Khoubzaoui, salarié ; Hala Kodmani, attachée de presse ; Mustapha Krimat, chargé de médiation scientifique ; Fatima Lalem, sociologue ; Zineb Laouedj, poète, enseignante ; Waciny Laredj, romancier, enseignant ; Jémia Le Clézio, écrivain ; Nadia Liassine, médecin ; Naoual Lledo, ingénieure ; Mourad et Sherazad Louanchi, monteurs cinéma ; Lotfi Madani, sociologue ; Farouk Mansouri, consultant ; Claudie Martinez-Médiène, enseignante ; Nabil Mehdioui, enseignant ; Nazim Mekbel, fonctionnaire ; Sahra Mekboul, universitaire ; Mohand-Saïd Meklat, retraité ; Karim Messaoudi, militant associatif ; Samia Messaoudi, journaliste ; Arezki Metref, écrivain ; Mohand Mohammedi, statisticien ; Arezki Mokrane, journaliste ; Dalila Morsly, enseignante ; Nabila Nachi, ingénieur ; Abderrahim Nejjarine, militant syndical ; Rabah Rabah, mathématicien, enseignant ; Michel Renard, ancien directeur de la revue Islam en France ; Rachid Ridouane, linguiste ; Nourredine Saadi, écrivain ; Mohammed Safri, employé ; Leïla Sebbar, écrivain ; Sid Ahmed Settouti, avocat ; Meriem Sidhoum Böe, journaliste ; Ali Silem, peintre ; Nasséra Si Mohamed, cadre administratif, militante associative ; Zora Sinclair, enseignante ; Aziz Tabouri, cadre ; Karima Tabouri, enseignante ; Zineb Tamène, avocate ; Nourredine Taouch, ingénieur ; Nadia Tazi, philosophe ; Aziz Tiberguent, médecin ; Louisa Touati, fonctionnaire ; Houria Yahya-Saouchi, directrice d’association ; Malek Yazid, coordinateur cyber-base ; Hassane Zerrouky, journaliste.

Ringraziamo Inchiesta on line per la disponibilità a condividere questo importante documento

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