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Job’s act

Le proposte della Cgil di Bologna su disoccupazione e non lavoro. Riportiamo integralmente la presa di posizione della CDLM di Bologna

 

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Lo scorso 20 febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato i decreti attuativi della riforma del lavoro, che porteranno fra le altre cose all’introduzione del contratto a tutele crescenti e al superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. “Il Job’s act appena entrato in vigore – commenta il segretario della Camera del lavoro metropolitana di Bologna, Maurizio Lunghi – rappresenta un’operazione che se, da una parte, prevede la nascita del contratto a tutele crescenti, dall’altra afferma la possibilità delle aziende di licenziare senza la reintegra nei posti di lavoro, anche nel caso in cui un giudice accerti che si sia trattato di un licenziamento senza giusta causa. Questo è un vero vulnus che si
apre, e che sarà esteso anche ai licenziamenti collettivi, fatto per noi estremamente grave perché toglie i criteri di protezione del posto di lavoro attuali (anzianità di servizio, carichi di famiglia)”.

Di fronte a questa operazione del governo Renzi, prosegue il numero uno della Cgil di Bologna, “che ci sembra completamente priva di ogni idea di sviluppo e di politica industriale, la leva del contratto a tutele crescenti – per aumentare i posti di lavoro e far ripartire l’economia nel nostro Paese – sembra essere uno strumento in più solo per le aziende che già avevano intenzione di investire sul personale facendo nuove assunzioni. Le novità inserite nel Job’s act, insomma, non amplieranno l’occupazione di per sé. Anzi, la normativa attuale intensificherà la dualità e la competizione tra lavoratori”.

E tutto ciò, sottolinea ancora Lunghi, “avviene nel momento in cui la crisi ci ha lasciato sul territorio una situazione preoccupante, e che avrebbe bisogno di soluzioni rapide e ad hoc: una disoccupazione cronica che nel territorio della città metropolitana conta quasi centomila persone senza un impiego da più di due anni, 3000 persone in cassa in deroga in scadenza a maggio e dei quali quasi il 60% rischia di restare senza un paracadute economico né un impiego, altre 12mila persone colpite da cassa integrazione ordinaria e straordinaria, e contratti di solidarietà. Dove andranno a finire queste persone? Rientreranno al lavoro grazie ad una fantomatica “ripresa” che prima o poi si spera arrivi? Come Cgil Camera del lavoro metropolitana di Bologna non possiamo stare ad aspettare. Ci stiamo quindi attrezzando per affrontare quest’emergenza vera con proposte nuove ed efficaci, al fine di rispondere all’incresciosa domanda: “Con quali strumenti e servizi possiamo aiutare chi ha bisogno di un sostegno al reddito, o di avere informazioni sui servizi cui potrebbe accedere?”

I temi su cui stiamo lavorando sono:

– Contrattazione aziendale e sociale territoriale;

– Idea di creare un fondo sociale territoriale, che può giungere a maturazione sulla base di un’intesa con Unindustria, benché riteniamo utile che arrivi sulla questione anche un contributo da parte dell’amministrazione pubblica;

– Un nuovo, serio e ben definito coordinamento di tutti i nostri servizi in funzione di ciò che possiamo offrire a chi un lavoro non l’ha mai avuto, a chi ce l’ha ma precario, e a chi l’ha perso. Questo coordinamento, che avrà come idea di base quella di portare i servizi della Camera del lavoro nelle sedi intercomunali della Cgil, si occuperà di fornire a chi ne ha bisogno supporto e informazioni a proposito di orientamento al lavoro, gestione delle partite Iva, e servizi già erogati dal nostro Sol (servizio orientamento lavoro), dal NidIL Cgil e dal patronato Inca, fino alla messa a conoscenza di servizi, bandi o risorse pubblici già presenti sul territorio, anche grazie ad intese sottoscritte dai sindacati con i singoli Comuni.

L’obiettivo di quest’ultimo progetto, precisa Vito Rorro, componente della segreteria Cgil di Bologna che direttamente si è occupato della questione “è –  chiariamo subito – intanto quello di dare supporti e riferimenti, di tipo legale, psicologico e informativo a tutti quei soggetti che non hanno un impiego. Tentare di organizzare le relazioni collettive e soggettive con chi vive il dramma del “non lavoro” o un lavoro precario…Reso ancor più precario dal Jobs act. Non ci proponiamo di cercare un lavoro a chi non l’ha, perché questo è compito delle strutture pubbliche, che invece non lo fanno”.

Il quadro cui oggi ci troviamo davanti, spiega Rorro, “è rappresentato dalla più alta disoccupazione che Bologna ha riscontrato dall’immediato dopoguerra. Oltre 90.000 persone in cerca di lavoro nella città Metropolitana. Se ne contano a decine di migliaia collocati nei comuni della provincia e della cintura industriale”.

Il progetto “di contrasto al “Peso del non lavoro”, al quale stiamo lavorando da tempo – chiarisce il sindacalista -, si concretizzerà quindi a breve attraverso la formazione ad hoc di una struttura di funzionari, scelti formati e preparati per andare sul territorio, nelle Camere del lavoro intercomunali, ad accogliere e dare risposte ed assistenza concreta a chi non sa a chi rivolgersi né che fare. Chi si presenterà alle nostre sedi intercomunali per ricevere aiuto, otterrà non solo le informazioni e i servizi che fino ad ora sono stati erogati principalmente nella sola sede centrale (Sol, NidIL, supporto legale), ma anche orientamenti su servizi nuovi e concreti che abbiamo intenzione di mettere in campo (supporto psicologico – contrattuale – legale )”.

Le proposte della Camera del lavoro metropolitana di Bologna in merito al dramma della disoccupazione, e non lavoro, “non devono intendersi solo come un necessario incremento dei nostri servizi “tradizionali” – chiosa Rorro -. Si tratta piuttosto di un vero e proprio progetto politico, volto a creare sul territorio “politiche attive” per nuove occasioni di lavoro, mentre le politiche di questo governo sembrano andare in una direzione sbagliata. Ecco, allora, la valorizzazione ulteriore della contrattazione sociale territoriale, che deve diventare il luogo per eccellenza dove predisporre le politiche per giovani e non giovani disoccupati, cosi come in alcuni casi è già avvenuto a seguito degli accordi già firmati con i Comuni e della promozione di nuove intese. E poi lavoreremo ad incrementare i progetti formativi, e a produrre sempre attraverso la contrattazione sociale territoriale nuove forme di lavoro sul territorio, a iniziare dalle cooperative di servizi (come accaduto ad esempio nel Distretto pianura Est: http://www.cgilbo.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/767)”. Infine, “continueremo a fare contrattazione con le imprese, al fine di riconquistare sul terreno dei diritti e del welfare quanto la crisi è andata riducendo”.

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