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Un Codice etico per il settore finanziario

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di Sabina Porcelluzzi
Segretaria generale Fisac Cgil di Bologna

Il 15 giugno 2016 presso la sede di UNI, Ente Italiano di Normazione, si è svolto il convegno «Lo sviluppo dell’integrità, oltre la legalità. Verso un codice etico della consulenza finanziaria».

Il convegno ha riunito intorno ad un tavolo tecnico i principali esponenti degli organismi associativi e sindacali del settore finanziario come ANASF, ASSOMEA , movimento consumatori, FABI e Assonova, UILCA, FIRST, UNISIN, SINFUB e l’Ufficio RSI della FISAC CGIL.

L’incontro aveva lo scopo di mettere a punto un sistema di linee guida da condividere e assumere nell’ambito di ogni associazione, per sviluppare una cultura dell’integrità e della competenza etica degli operatori e delle organizzazioni, a partire dalle norme tecniche e dalle prassi di riferimento a disposizione.

E’ stato utile analizzare le innovative esperienze internazionali e nazionali nel contesto generale di responsabilità e sostenibilità, non solo in campo finanziario ma anche nei diversi ambiti delle libere professioni come il mondo degli ingegneri rappresentato da Progetica.

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La riflessione è partita dalla XIX conferenza internazionale Money Banking and Finance del 2010 in cui Roger McCormick professore della LSE, si è chiesto se la lezione della crisi sia servita.

La sua risposta negativa ha evidenziato la necessità di un cambiamento della società civile perché i problemi che affliggono il sistema non possono essere sanati con le sole leggi e regolamenti.

La natura essenziale dei problemi si trova nella cultura profondamente radicata all’interno della maggior parte delle banche che sacrifica l’etica e la morale in nome del capitalismo; questo comporta che la soluzione dovrà necessariamente determinare un cambiamento culturale nella Corporate Governance dei vari Istituti.

Per determinare il cambiamento culturale, occorre innanzitutto conoscere lo scenario normativo di riferimento e renderlo praticabile da tutti i portatori di interesse.

La ISO 26000 costituisce un modello per aiutare le Organizzazioni ad implementare le iniziative migliori per ottimizzare i processi interni e operare in maniera socialmente responsabile nei confronti dei propri stakeholder.

In questo ambito è importante tenere conto anche della ISO 22222, che definisce l’attività e le caratteristiche dei pianificatori finanziari e la UNI 11338 come linea guida applicativa dello standard internazionale ISO sia sul singolo operatore sia sulle reti di promotori o mediatori.

Di grande attualità è la UNI 11402 che definisce i requisiti per la progettazione, realizzazione, erogazione e valutazione di attività di educazione finanziaria ed i requisiti per i soggetti erogatori del servizio.

Da ciò emerge che nel settore finanziario c’è una forte relazione fra volontario e cogente, basti pensare alla MiFid o alle disposizioni sulla mediazione creditizia, in una logica combinata tra rules and value based.

Ma come si fa ad applicare una norma basata sul valore ad un servizio che rappresenta caratteristiche dinamiche e non si può immagazzinare?

La soluzione potrebbe essere quella di applicare il value based alla persona che eroga il servizio, misurandone i comportamenti definiti da un codice deontologico per la vendita responsabile, che dovrà avere funzione preventiva e di orientamento in situazioni problematiche per tutti gli operatori del settore creditizio, dall’impiegato al manager, dagli agenti ai consulenti finanziari.

Il codice che si vuole redigere ha l’obiettivo di definire gli skill professionali per acquisire maggiore consapevolezza del proprio ruolo e delle proprie competenze, in un’ottica di trasparenza nei confronti della clientela e quindi con un’etica professionale certificata.

Ne deriva che le banche e le reti di consulenza finanziaria, dovranno strutturare interventi formativi specifici per rendere l’attività dei lavoratori bancari e dei consulenti compliance alle linee guida del codice.

Durante il convegno si sono succeduti gli interventi dei vari rappresentanti delle organizzazioni sindacali che quasi all’unisono hanno denunciato il fenomeno persistente delle pressioni commerciali, pur in assenza di ABI che non ha inviato nessun rappresentante.

Alcuni interventi di carattere prettamente tecnico e psicologico hanno evidenziato come i comportamenti etici si posso allenare e sviluppare nell’individuo.

Rispetto a tali affermazioni la FISAC CGIL ha evidenziato che spesso i comportamenti più o meno etici derivano dalla cultura dell’azienda e del territorio in cui si opera.

La responsabilità sociale è tale solo se analizzata e vissuta in un’ottica olistica perché il singolo individuo da solo non ha strumenti di difesa né potere rispetto alla natura espansiva e speculativa del capitale.

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