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di MONICA DE TOGNI
(a cura di Amina Crisma,in collaborazione con www.inchiestaonline.it)
«La direzione del buon governo (仁政)»
Ci siamo. Più che il Covid-19, è altro quel che ci dovrebbe preoccupare ora.
Il Covid-19 ci ha mostrato che una dittatura non funziona, non è efficace. Le paure che essa genera portano danni, talvolta incalcolabili. Non potremo calcolare quanto dolore ha generato la chiusura dei Paesi di questi ultimi mesi per limitare la diffusione del virus coronato, non solo in persone morte in modo più o meno direttamente collegato a questo nuovo virus, né in danni economici, ma anche nella difficoltà a sentirsi umani, a capire cosa significa essere parte di una comunità locale e globale ad un tempo.
La dittatura ha mostrato di non essere efficace nell’affrontare tempestivamente i problemi, in modo da risolverli prima che crescano esponenzialmente. Lì vicino, in un’isola governata da una dittatura fino a meno di 40 anni fa, hanno saputo affrontare apertamente il problema, e l’hanno perciò saputo gestire. Certamente la scala del Paese ha aiutato, ma l’origine dell’errore nella Repubblica Popolare Cinese sta altrove. Sta nella paura di non corrispondere a quanto il Partito ha programmato, e da cui dipende la carriera futura, la vita futura di chi lavora per lo Stato. Sta nella paura che inevitabilmente ti condiziona in un Paese dove, se avverti che c’è un pericolo potenziale e lo comunichi apertamente rispondendo ad un richiamo di etica professionale, ti ritrovi alla porta poliziotti che ti minacciano richiamandosi ad una legge sulla sicurezza nazionale che adesso viene proposta, molto simile, per Hong Kong. Davvero vogliono farlo? Davvero pensano che sia questa la soluzione? Non ha appena mostrato che può originare danni incalcolabili?
Se chi governa dovesse davvero rispondere al popolo, e non ad una qualche Commissione del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, allora non ci sarebbe bisogno di aumentare gli strumenti legislativi in difesa di uno Stato, confuso con un solo Partito. Se lo Stato fosse davvero multipartitico, avrebbe altri problemi, non sarebbe un paradiso, ma non ci sarebbero minacce come questa.
Il problema ora è che l’isola lì vicino ha mostrato al continente che sta sbagliando strada, che se avesse il coraggio di diventare una democrazia, potrebbe essere la più grande democrazia del mondo, contribuire con la sua cultura meravigliosa, frutto di millenni di scambi con le popolazioni vicine, con la sua vitalità eccezionale a rendere il mondo migliore, e non più chiuso e spaventato.
Il Dragone darà un colpo di coda contro chi ha mostrato che la comunicazione aperta consente di governare meglio? Difficile non vedere questa volontà se arriveranno davvero ad eliminare l’esercizio delle libertà in Hong Kong. Ma, come diceva Confucio “Il sovrano agisca da sovrano, il ministro da ministro, il padre da padre, il figlio da figlio” [君君臣臣父父子子], parafrasandolo: “Il presidente della Repubblica agisca da presidente della Repubblica, il segretario del Partito agisca da segretario del Partito, il medico possa fare il medico, il cittadino sia responsabilmente tale”, non è questo il buon governo (仁政)?
Monica De Togni è professore associato di storia della Cina presso l’Università degli Studi di Torino. I suoi interessi di ricerca sono indirizzati prevalentemente verso i cambiamenti istituzionali e sociali a livello locale nel periodo della transizione dall’impero Qing alla Repubblica di Cina (l’esito più rilevante è il libro Governo locale e socializzazione politica in Cina, Edizioni dell’Orso, 2007, insieme a svariati articoli sul tema), e verso l’accoglienza data alla proposta pacifista nel corso del XX secolo, partendo dalla figura di Mohandas Karamchand Gandhi. Su quest’ultimo tema ha presentato vari interventi a conferenze in Asia e in Europa e scritto articoli tra i quali si segnala « The Republic of China and a new opportunity: the revolution through non-violence by Mahatma Gandhi» in Kervan 2019 n. 23)
MONICA DE TOGNI
(a cura di Amina Crisma, in collaborazione con www.inchiestaonline.it)