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di AMINA CRISMA
(in collaborazione con www.inchiestaonline.it)
Esce ora da Hoepli la Grammatica della lingua cinese classica di Maurizio Scarpari e Attilio Andreini: un’opera importante, non solo per gli studiosi della Cina antica.
Sono molteplici, e non soltanto specialistici, i motivi di interesse della Grammatica della lingua cinese classica di Maurizio Scarpari e Attilio Andreini che esce ora da Hoepli, denso manuale di oltre trecento pagine che offre una descrizione teorica della lingua cinese classica come si evince dalla letteratura storica e filosofica, tramandata a stampa e manoscritta, risalente al periodo fondativo della storia del pensiero cinese che ne è considerato l’autentica età assiale (all’incirca dal VI al II secolo a.C.).
Gli autori sono sinologi di fama, entrambi dell’Università di Venezia: Maurizio Scarpari, per trentacinque anni professore ordinario di lingua cinese classica a Ca’ Foscari, che è stato fra l’altro curatore di una grande opera collettanea sulla civiltà cinese dalle origini ai giorni nostri (La Cina, Einaudi 2008-2011), e Attilio Andreini, che gli è subentrato sulla cattedra veneziana e a cui si devono, oltre a numerosi studi sui rapporti fra filologia e filosofia, due diverse e importanti traduzioni del Laozi (Einaudi 2004, 2018). La grammatica descrive sistematicamente le strutture della lingua classica, è finalizzata, oltre che allo studio dei fenomeni linguistici, all’obiettivo pragmatico di una corretta comprensione dei testi, ed è corredata da una ricca antologia comprendente oltre un migliaio di esempi: frasi tratte, oltre che da numerose opere canoniche del periodo considerato – dal Classico delle Odi ai Dialoghi di Confucio al Laozi, dal Mengzi al Mozi allo Hanfeizi, solo per citarne alcune – da un’ingente quantità di fonti manoscritte scoperte di recente, prevalentemente su bambù e seta, la cui conoscenza ha contribuito in misura decisiva ad ampliare e a trasformare le percezioni e le rappresentazioni dell’antichità cinese. Proprio nell’inclusione di queste importantissime fonti, senza il cui ausilio è oggi impossibile un’adeguata comprensione della Cina antica, consiste la novità che rende unica questa grammatica.
A questo volume farà seguito un altro, che ne costituisce il complemento: preannunciato per l’anno prossimo, oltre che ad Andreini e a Scarpari si deve a Giulia Baccini, ricercatrice dell’Università di Venezia, studiosa di letteratura cinese pre-moderna, curatrice fra l’altro de I Sette Savi del Bosco di bambù (Marsilio 2016). Intitolato La lingua cinese classica e letteraria (Hoepli 2021), è un corso di carattere più didattico e operativo, che muovendo dal periodo classico estende l’analisi e la descrizione della lingua al periodo imperiale, dagli Han ai Tang (206 a.C.-907 d.C.), presentando una selezione di generi e stili diversi, fra cui la storiografia e la narrativa fantastica, e consente così di cogliere un’evoluzione verso forme ibride già non più classiche e più vicine alla modernità.
La Grammatica rappresenta una realizzazione cospicua nell’ambito degli studi sinologici, che non ha analoghi a livello internazionale, e si può ritenere fra l’altro il frutto di una peculiare impostazione e caratterizzazione metodologica della scuola veneziana di studi sul cinese classico che ha avuto come iniziatore negli anni Sessanta Lionello Lanciotti (1925-2015), e che è poi stata proseguita da Scarpari suo allievo, per giungere ad Andreini, allievo di Scarpari, e a Giulia Baccini, allieva di Andreini. In un certo senso, è come se in quest’opera si rappresentasse in qualche misura un pezzo di storia della disciplina, oltre che rendere tangibile il frutto di un cantiere collettivo che ne ha configurato un preciso indirizzo, ossia una rigorosa focalizzazione sulla testualità. Un preciso indirizzo che sembra abbia fra l’altro particolarmente interessato Martin Kern, autorevole sinologo dell’Università di Princeton, inducendolo a ideare, insieme a un’altra sinologa classicista allieva di Scarpari, Tiziana Lippiello, attuale Rettrice di Ca’ Foscari, una Summer School di cinese classico destinata a studenti di dottorato da aprire a Venezia in gemellaggio con Princeton.
Per chi, come è capitato a me, cominciava a studiare cinese classico oltre trent’anni fa, quando ne esisteva soltanto una pionieristica dispensa artigianale di Scarpari con i caratteri scritti a mano, in assenza dei software sofisticati che oggi ci permettono di scrivere in cinese (e addirittura la stessa idea di una grammatica della lingua cinese classica stentava a imporsi, perché c’era perfino chi sosteneva che il solo approccio possibile al cinese antico fosse, come in trance, per via intuitiva e mistica) questo libro dà la misura di quanti e quali straordinari progressi si siano fatti negli ultimi decenni.
Ma non è soltanto ai sinologi che questo libro può interessare: ha qualcosa da dire, dal punto di vista del metodo, a quelli che pensano che tentare di comprendere la Cina non abbia a che fare con magniloquenti astrazioni, ma con un lavoro faticoso, paziente e rigoroso di concreto confronto con i testi, di concreto confronto con le parole da decrittare e da interpretare – “le parole, corpi del pensiero”, come diceva Giacomo Leopardi. Che si tratti insomma, per dirla con Anne Cheng, l’autrice della Histoire de la pensée chinoise (Storia del pensiero cinese, Einaudi 2000) di una “école d’humilité”.
AMINA CRISMA
(in collaborazione con www.inchiestaonline.it)