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di ANNA DI TORO
(in collaborazione con www.inchiestaonline.it )
carattere cinese che significa “armonia”
Anna Di Toro: Voci contro la guerra ridotte al silenzio. Una testimonianza sulla Cina
Il 27 febbraio, tre giorni dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, una poetessa cinese ha pubblicato in un canale social una poesia contro la guerra. Nella poesia non si facevano nomi, non si indicavano paesi, né situazioni specifiche: si trattava di un componimento puramente pacifista, o meglio, come precisato dall’autrice in un commento successivo, di una poesia ‘contro la guerra’. Dopo qualche esitazione (i versi mi sembravano fin troppo ingenui) ho pensato di tradurlo a lezione con un gruppo di studenti dell’Università per Stranieri di Siena, con l’intenzione di proporne la diffusione nella nostra pagina di ‘Voci contro la guerra’ (https://www.unistrasi.it/1/10/7042/Voci_contro_la_guerra.htm).
La poesia non è stata oggetto di censura e ha circolato in rete, ma nei giorni successivi alla sua pubblicazione la poetessa è stata oggetto di violenti attacchi dal popolo della rete cinese, che la accusava, con parole ingiuriose, di immischiarsi di politica senza capirci nulla. Alcuni lettori hanno dichiarato che, disgustati dai suoi versi, non ne avrebbero più comprato i libri.
Proprio in quei giorni abbiamo contattato l’autrice, chiedendole il permesso di diffondere la traduzione dei suoi versi – la poetessa ha rifiutato, nel timore di ripercussioni politiche, ma anche nel timore di perdere lettori.
Mentre l’appello contro la guerra diffuso il 26 febbraio da cinque accademici cinesi (da me tradotto in italiano e pubblicato tra le ‘Voci contro la guerra’ di Unistrasi, su Sinosfere, http://sinosfere.com/2022/03/01/la-nostra-posizione-rispetto-allinvasione-russa-dellucraina/, e su questa rivista, https://www.inchiestaonline.it/osservatorio-internazionale/amina-crisma-maurizio-scarpari-vittorio-capecchi-ucraina-cosa-fa-la-cina/) è stato subito oscurato, questa volta la censura non ha avuto bisogno di scomodarsi: il suo lavoro è stato fatto dagli stessi utenti della rete. Ma la conclusione è chiara: in Cina le voci di guerra sono le benvenute, trovano spazio ed eco (https://www.china-files.com/weiboleaks-il-conflitto-in-ucraina-visto-dal-web-cinese/), ma c’è poco, pochissimo spazio per le voci di pace, che pure, con coraggio, cercano di emergere (v. blog di Jing Wang: https://twitter.com/jingwan01253680/status/1498156431668875265).
Se la retorica governativa si riempie la bocca di armonia confuciana, forse dovrebbe tornare al vero significato di he 和 (‘armonia’) e di heping 和平 (‘pace’). L’armonia, secondo la tradizione, è ‘armonia nella diversità’ (和而不同), e la pace è il fragile delicatissimo equilibrio che nasce dal dialogo e dal confronto. Assistiamo invece nella Repubblica Popolare Cinese a quella che appare come una consapevole sistematica educazione di un popolo alla violenza, che va progressivamente schiacciando ogni senso di umanità ed empatia.