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La Cina ritrova l’impero

di MAURIZIO SCARPARI

(in collaborazione con www.inchiestaonline.it )

Maurizio Scarpari: Tanti secoli, una visione. La Cina ritrova l’impero

| 12 Maggio 2022 | Comments (0)

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(da La lettura del Corriere della Sera dell’8 maggio 2022)

Con l’incoronazione “a vita” prevista per il prossimo autunno Xi Jinping consoliderà definitivamente il suo potere personale a livelli mai visti dai tempi di Mao Zedong. Si tratta di un passaggio importante per la costruzione della “nuova era” da poco inaugurata, che prevede la primazia del partito comunista sullo stato e di Xi quale guida ideologica, politica e militare dell’intero sistema. Si afferma così sempre più il “xiismo”, sistema autocratico e autocelebrativo, basato su un controllo capillare dell’apparato di governo, dell’economia, delle forze armate, del comparto sicurezza e della società, sul monopolio assoluto dell’educazione, della cultura e dei mezzi di comunicazione e sulla repressione di ogni forma di dissenso. Fonde i principi del maoismo e dell’economia di mercato socialista con il modello di potere tradizionale di ispirazione confuciano-legista creato tra il III e il II secolo a.C., che ha costituito il supporto ideologico di un impero durato oltre duemila anni e che ancor oggi dimostra di godere di ottima salute.

Il periodo che precedette la fondazione dell’impero fu tra i più drammatici della storia cinese, ma anche tra i più stimolanti e fecondi. La lotta tra regni indipendenti per la supremazia aveva come fine ultimo l’unificazione dell’intero continente e la creazione di un’entità politica che comprendesse “tutto ciò che sta solo il cielo”, il mondo conosciuto e civilizzato. I pensatori confuciani, propugnatori di un modello di “governo delle virtù” guidato da un sovrano illuminato che, ispirandosi a un complesso di valori etici e umanistici, ponesse il popolo e il suo benessere materiale e spirituale al primo posto, non ebbero fortuna presso i regnanti dell’epoca, che vedevano nell’uso delle armi la sola strada percorribile. Era più realistico affidarsi a teorici dell’arte della guerra, come Sunzi, o dello stato autocratico, come Shang Yang e Han Feizi. Furono in effetti questi ultimi, fautori della primazia di uno stato ben organizzato e militarizzato, a creare le condizioni per un cambiamento politico epocale che avrebbe condizionato per sempre la storia cinese. Fu però merito dei confuciani se il modello fondato sul “governo della legge” si rivelò efficace e duraturo. Due orientamenti contrapposti e apparentemente inconciliabili avevano trovato il modo di venirsi in mutuo soccorso.

Grazie a una serie di riforme volte a rinnovare radicalmente la struttura economica, amministrativa, militare e sociale dello stato e grazie a un imponente apparato burocratico a cui vennero affidati, oltre alla gestione della cosa pubblica, il controllo capillare di sudditi e amministratori, Shang Yang trasformò il suo Qin in una superpotenza autocratica fortemente tecnologizzata, perfetta macchina da guerra pronta a unificare “tutto ciò che sta sotto il cielo” in un’ottica non più localistica ma universalistica. Nel 221 a.C. il re di Qin poté sconfiggere l’ultimo dei suoi avversari e proclamarsi Primo Augusto Imperatore, titolo altisonante che si rifaceva a uno dei mitici fondatori della civiltà, volendo così sottolineare l’inizio di una “nuova era”, caratterizzata da profonde innovazioni e da un nuovo ordine mondiale. Quell’entità politica universale tanto agognata da filosofi e regnanti illuminati era diventata realtà. Il progresso politico e culturale fu immenso. Ma la pressione di un sistema di governo eccessivamente dispotico, il peso delle imponenti opere d’ingegneria civile avviate in tutto l’impero e una discendenza non all’altezza del proprio compito determinarono il collasso della dinastia dopo solo quattro anni dalla morte del suo fondatore, spianando la strada alla più longeva dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.).

Fu grazie all’imperatore Wu (r. 141-87 a.C.), figura di grande statura intellettuale e morale, che l’assetto istituzionale dell’impero venne definitivamente consolidato. Si mantenne nella sostanza l’impianto politico, amministrativo e militare ereditato dai Qin, mitigandone però gli aspetti più dispotici con le dottrine confuciane, riadattate alle nuove esigenze. L’operazione fu resa possibile dalla duplice natura del confucianesimo classico, idealista per un verso, più pragmatico e autoritario dall’altro.

Wu estese i confini e l’influenza dell’impero in ogni direzione, gettando le basi del sistema diplomatico e tributario che poneva la Cina al centro del mondo, consolidò l’apparato burocratico-amministrativo, creò un’accademia nazionale per preparare funzionari di professione, fece assurgere il confucianesimo a ideologia di stato, promuovendo la canonizzazione delle opere confuciane, e definì i fondamenti della classicità e i caratteri distintivi dell’identità cinese. Non si trattò della semplice “confucianizzazione della legge”, ma dell’affermazione di un modello di governo e di una concezione dell’ordine mondiale nuovi che hanno reso la Cina il paese economicamente, culturalmente e tecnologicamente più avanzato del pianeta per molti secoli, esempio di civiltà per i paesi dell’Asia Orientale. Tale modello, con rielaborazioni e adattamenti, verrà riproposto nel corso di tutta la storia dell’impero, fino ai nostri giorni, creando nei cinesi la percezione di essere parte di un processo storico eccezionale.

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