Il 13 dicembre è morto a Bologna, all’età di 87 anni, l’amico Umberto Romagnoli, giuslavorista, uno dei padri dello Statuto dei lavoratori del 1970, di cui ha scritto nel 1972 il commentario insieme a Giorgio Ghezzi, Federico Mancini e Luigi Montuschi. Per molti anni docente alla facoltà di Scienze politiche dell’Alma Mater, ha fondato e diretto dal 1987 la rivista Lavoro e Diritto, edita da Il Mulino.
Collaboratore di Inchiesta fin dall’inizio, ha contribuito anche all’ultimo numero cartaceo della nostra rivista (anno XL n. 210, ottobre/dicembre 2020 p 21-23) con un articolo intitolato “Dialogando con Luigi Mariucci” in memoria dell’amico di una vita intera, professore di Diritto del lavoro, anche lui fra i protagonisti della scuola di giuristi bolognesi che ha contribuito alla costruzione dello Statuto dei lavoratori, di cui voleva “offrire un’immagine che pervenisse alle giovani generazioni”, e al cui proposito osservava come la qualità di giurista del lavoro possa configurarsi come “una forma di vocazione in senso weberiano” alla quale dedicarsi con assoluta dedizione: una formulazione che mi sembra adatta a riassumere l’impegno dell’esistenza stessa di Umberto Romagnoli, un impegno che non è venuto mai meno per l’espansione della democrazia e dei diritti sociali.
E ancora, trascrivo l’incipit e la chiusa di quell’articolo: le sue parole, scritte allora per Luigi, mi pare siano straordinarimente adatte a esprimere cosa oggi significa per noi la scomparsa di Umberto, e a evocare le cadenze delle sue più recenti riflessioni.
“Se pensi che arrivare a superare la soglia degli ottantacinque anni sia un privilegio, io ne conosco il prezzo. Seguiterai a pagarlo, per chissà quanto tempo, interrogandoti senza saper dare risposte sull’orizzonte di senso di un presente vissuto nello smarrimento provocato dalla solitudine. Una solitudine che può soltano crescere, perché troppi sono i compagni di viaggi cui non è consentito di condividere il tuo privilegio. Un poco alla volta, le persone amate all’improvviso ti lasciano e a te non resta che piangerne la scomparsa.” (…)
“”L’origine è la meta” è un aforisma di Karl Kraus: (…) anche la più autentica delle rivoluzioni guara indietro e, rivolta verso un passato che è passato meno di quanto si creda, è destinata ad essere premiata dalla realizzazione di un sogno ancestrale. Un sogno interrotto che diventa improvvisamente possibile riprendere nel terzo millennio, facendo riassaporare il gusto del lavoro a misura d’uomo. Un gusto che presupponeva la fierezza del mestiere che presidiava la dignità di produttore dell’artigiano medievale, prima dell’espulsione dalla sua casa-bottega per essere trasferito negli opifici industriali. Non a caso, ai suoi discendenti del XXI secolo sono in tanti a raccomandare con fervore pco meno che messianico di abituarsi a praticare lo smart working. Ad ascoltarli non c’è più la cratura cui Francesco Tullio Altan ha assegnato il compito di simboleggiare il popolo degli uomini con le mani callose e il colletto blu che, per emanciparsi, vollero lo Statuto approvato dal Parlamento cinquant’anni fa.
No. Lo smart worker dei nostri giorni non può essere Cipputi. Somiglia piuttosto allo stralunato e involontariamente ilare monsieur Hulot. A raccontarne le vicissitudini, però, non ci sarà più un indulgente e sorridente Jacques Tati. Troverà invece un accigliato e intransigente Ken Loach. Non troverà invece un giurista più preparato di Luigi Mariucci a capirne motivazioni e prospettive. Chiunque vorrà prenderne il posto,però, è con la sua monografia sul lavoro decentrato del 1979 che dovrà fare i conti”.
…………….
Il ricordo laico di Umberto Romagnoli è previsto presso la Cappella dei Bulgari all’Archiginnasio di Bologna venerdì 16 dicembre alle ore 15.00.
I funerali si terranno sabato 17 dicembre alle ore 11.00 presso la Chiesa di S. Maria della Carità, Via S. Felice 64, Bologna.