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AUTONOMIA DIFFERENZIATA, UNA SCELTA FORZATA

88a4c964-0507-4ec6-b5e2-1df33a538828Nel nostro lavoro quotidiano di rappresentanza generale del mondo del lavoro, il ricorso alle decisioni assunte a maggioranza consente il raggiungimento degli obiettivi politici e statutari dell’organizzazione.

Le organizzazioni democratiche moderne funzionano con un concetto di maggioranza che non è quello storicamente derivante dal diritto romano ma è frutto di una concezione illuminista per la quale le minoranze sono parte del processo decisionale, in funzione del fatto che la diversità ed il dissenso sono compatibili con l’idea di stare insieme per il bene comune.

Questa idea è alla base dei principi che hanno mosso i nostri Padri Costituenti nell’ambizioso progetto di tenere insieme una Nazione dilaniata dalla guerra e dalle diversità enunciate nell’art.3 dei Principi fondamentali.

L’ordinamento Statale nato da quei principi ha tenuto insieme, finora, un popolo sotto l’idea di un’unica Nazione come “casa comune” in cui esercitare diritti e doveri di cittadinanza.

Purtroppo l’insediamento dell’ultimo Governo non ha assecondato le prassi democratiche che finora hanno caratterizzato il funzionamento delle Istituzioni, in particolare della macchina burocratica per la quale è necessario un’armonia ed un equilibrio generale tra poteri.

In Parlamento il Governo ha imposto “a cazzotti” l’autonomia differenziata, in uno dei momenti più bassi del funzionamento delle Istituzioni ed in barba a tutti gli slogan nazionalisti che hanno caratterizzato una lunga campagna elettorale.

Seppure il tema dell’autonomia differenziata abbia già caratterizzato il dibattito politico degli ultimi anni, soprattutto a seguito delle iniziative intraprese in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nel 2017, a cui hanno fatto seguito anche altre Regioni esprimendo la volontà di intraprendere un percorso per l’ottenimento di ulteriori forme di autonomia, la forzatura e l’accelerazione hanno generato un mostro Istituzionale e burocratico.

Questa è la ragione che ha spinto già alcune Regioni, in primis l’Emilia Romagna, a deliberare la richiesta di Referendum Abrogativo ed il comitato “La Via Maestra “, composto dalla CGIL e da oltre 100 organizzazioni, a schierarsi contro la legge sull’autonomia differenziata, chiamando la cittadinanza a promuoverne l’abrogazione perché “si ledono i diritti delle cittadine e dei cittadini, si compromette l’unità del Paese, si attacca la Costituzione nata dalla Resistenza antifascista”.

Negli ultimi anni, secondo l’OCSE, il numero di Paesi che hanno adottato formule di federalismo è cresciuto significativamente sia per ragioni politiche riconducibili a tensioni secessionistiche o rivendicazioni delle minoranze, che per motivi economici conseguenti alle crisi finanziarie.

Le ragioni politiche nostrane, nate dai banchi della Lega e poi cresciute nell’attuale maggioranza di Governo, determineranno con questa legge una sperequazione delle risorse ed una diversificazione dei servizi pubblici essenziali, in particolare quelli scolastici e sanitari.

Ma da un punto di vista strettamente economico, la delega di una funzione pubblica nazionale ad un livello di governo inferiore potrà essere efficiente se i costi delle possibili diseconomie di scala saranno compensati dai benefici connessi alla partecipazione dal basso e da un processo virtuoso di responsabilizzazione degli amministratori locali.

Purtroppo quanto l’assetto istituzionale risulterà essere estremamente differenziato, il rischio della poca trasparenza e dell’aumento dei costi di coordinamento tra strutture, graverebbe sui cittadini.

In questo scenario si innesta anche ciò che potrebbe accadere al sistema creditizio nazionale che si troverebbe a fare i conti con modelli economici ed imprenditoriali influenzati da quadri regolatori differenti da regione a regione.

Inevitabilmente il sistema creditizio, che ha intrapreso da decenni un modello di Governance accentrata per efficientare risorse e risultati, come è anche accaduto nel mondo delle Banche di Credito Cooperativo, rischia di tornare a quel “localismo bancario” che ha storicamente caratterizzato il nostro Paese anche per la malagestione e i default.

Così, mentre si inneggia all’autonomia come panacea per i mali della pubblica amministrazione, l’eteronomia che guidava l’etica delle azioni economiche regolate a livello sovranazionale o europeo sarà sicuramente depotenziata, con l’aggravante del mancato raggiungimento degli obiettivi sui temi ambientali e di sviluppo sostenibile.

Mentre tutto il mondo si muove a livello globale verso le nuove sfide della digitalizzazione che muove denaro e ricchezze senza confini, noi saremo costretti ad affrontare uno scenario pre-risorgimentale. Alcuni giornalisti hanno infatti chiesto a ChatGPT di intervistare Garibaldi in merito all’autonomia differenziata.

L’eroe dei due mondi ha dichiarato, tramite l’intelligenza artificiale, che “Con l’avvento della Repubblica e l’ingresso nell’Unione Europea, l’Italia ha tentato di porre le basi per un futuro di pace e cooperazione, guardando al di là dei propri confini nazionali in uno spirito di solidarietà…le sfide contemporanee del cambiamento climatico, delle disuguaglianze sociali, economiche e della gestione dei flussi migratori richiedono una visione lungimirante e una solidarietà senza confini. Dovremmo lottare per un mondo in cui ogni persona possa vivere in pace e sicurezza, con le stesse opportunità di crescita e prosperità che desideravo per l’Italia del mio tempo”.

 

 

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