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L’ Inps fa marcia indietro e ritira la tanto criticata novità sugli invalidi civili. Secondo le nuove direttive pubblicate alla fine del 2012 (circolare 149 del 28 dicembre), per avere diritto alla pensione – dal primo gennaio di quest’ anno – gli invalidi al cento per cento avrebbero dovuto fare riferimento non più al reddito personale, ma anche a quello del coniuge. Una novità che, se applicata, avrebbe creato una forte disparità fra gli invalidi parziali (che avrebbero continuato a far riferimento al reddito personale, non a quello familiare) e quelli totali e che – secondo lo Spi-Cgil avrebbe cancellato il diritto all’ assegno «a decine di migliaia di persone» fra le 85 mila che hanno presentato domanda. Si parla di un assegno mensile fissato, per il 2013, a 275,87 euro e di un limite di reddito lordo annuo di 16.127,30 euro. I sindacati avevano sollevato la polemica e le diverse forze politiche avevano appoggiato la battaglia. Sabato scorso, sul caso, era intervenuto anche il ministro Fornero, chiedendo appunto all’ Inps (che recepiva una sentenza delle Corte di Cassazione) di sospendere l’ applicazione delle nuove norme per verificarne l’ equità. Ed è quello che ieri l’ istituto ha fatto. Un messaggio firmato dal direttore generale dell’ Inps Mauro Nori chiarisce che – «in attesa di una nota ministeriale » che chiarisca la «complessa materia» – non si modificheranno le vecchie regole (in vigore dal 1980). Risultato: «sia nella liquidazione dell’ assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale, sia per la pensione di inabilità civile si continuerà a far riferimento al reddito personale dell’ invalido». Un dietrofront che rappresenta una vittoria del sindacato: «Siamo soddisfatti del risultato raggiunto – afferma Nina Daita, responsabile delle poli- tiche della disabilità della Cgil quel provvedimento era palesemente iniquo e vessatorio». Vinta una battaglia se ne apre però subito un’ altra. Sul tavolo, questa volta, i diritti dei precari iscritti alla gestione separata dell’ Inps che protestano perché parte dei contributi versati non compare nei loro estratti conto e tale «scomparsa» penalizza le prestazioni ricevute. «I primi effetti si sono visti sugli assegni famigliari e sulle indennità di maternità risultate dimezzate» spiega Andrea Ferrigno, presidente di Gap11, associazione dei ricercatori precari dell’ Università di Pavia. «Il problema nasce da difetto di comunicazione fra i datori di lavoro e il data-base Inps, e riguarda, potenzialmente, l’ intera
platea dei precari – spiega anche se le situazioni non sono uniformi». Sul nuovo caso la Cgil ha scritto al presidente dell’ Inps, Antonio Mastrapasqua, perché «si faccia chiarezza e vengano adottati interventi urgenti». Ma sempre in tema di comunicazioni difettose (questa volta fra l’ Inps e l’ Agenzia delle entrate) c’ è anche il caso delle 950 mila lettere che l’ istituto sta inviando ai pensionati di cui ignorano il Red (redditi effettivi) del 2010. Se non sarà comunicato entro la fine di febbraio (l’ Agenzia delle entrate fornisce i dati
con due anni di ritardo) ai titolari saranno sospese le prestazioni ad esso legate (non le «pensioni base», ma le varie integrazioni riconosciute in base alle entrate totali della persona).