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? Di amianto si moriva. Per tanto tempo, portando i bambini a scuola, ho visto i manifesti listati a lutto appesi ai muri della fabbrica. E allora perch? continuavano? ?. Il senso del processo Eternit ? racchiuso in questa domanda di Romana Blasotti, una signora di 83 anni che, per colpa del minerale killer, ha perso il marito, la sorella, il nipote, la cugina e la figlia: lo scrivono gli stessi giudici del tribunale di Torino nelle 713 pagine in cui raccontano i motivi per i quali hanno condannato, lo scorso 13 gennaio, a sedici anni di carcere due top manager della multinazionale dell’ amianto. Il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier sono stati riconosciuti colpevoli di disastro doloso, cio? volontario, perch? – si legge nel documento – conoscevano almeno dagli anni Sessanta i rischi della lavorazione dell’ amianto, conoscevano le gravi deficienze strutturali dei quattro stabilimenti italiani della Eternit, vedevano lo stillicidio delle morti ma ?nonostante tutto hanno continuato e non si sono fermati ?. ? stato ?un dolo di eccezionale gravit??. Che ha contribuito ad alimentare ?un disastro di enormi dimensioni ? e ?una serie veramente impressionante di danni alle persone?. Una catastrofe riassunta in 2.200 morti, 700 malati, seimila parti civili, sessantasei udienze, indennizzi per un centinaio di milioni (solo come acconto). E ai due imputati ?non pu? essere riconosciuta nessuna attenuante?. Romana Blasotti ? di Casale Monferrato (Alessandria), la citt? che ospitava la filiale Eternit pi? grande e che ha pagato il tributo di vittime pi? alto. Ma il processo racconta anche di ci? che accadeva a Cavagnolo ( Torino), a Rubiera (Reggio Emilia) e a Bagnoli (Napoli), anche se una parte dei reati commessi in queste ultime due citt? ? caduto in prescrizione. Lacune nella sicurezza, operai poco protetti, polvere dappertutto, storie di donne che si ammalavano per aver pulito a casa le tute da lavoro del marito o di giovani stroncati per aver fatto jogging vicino a una discarica. Il presidente del tribunale, Giuseppe Casalbore, ammette che la Eternit, negli anni Settanta, oper? dei ?timidi interventi ? per migliorare la situazione, ma sottolinea che lo fece ?solo nell’ intento di realizzare utili e guadagni maggiori, non perch? ci si preoccupasse della salute dei lavoratori o perch? ci si attivasse per interrompere la lunga spirale di morti?. Casalbore, inoltre, denuncia non solo la Eternit, ma tutti i ?grandi gruppi industriali dell’ amianto nessuno escluso ? che seguivano ?in tempo reale? le ricerche mediche sui danni causati dal minerale (asbestosi, tumori) solo per ?adottare adeguate contromisure per impedire l’ interdizione dell’ uso e della vendita? dei prodotti. Quella delle grandi aziende era una vera e propria ?strategia? per ?minimizzare e controinformare ?, messa a punto in ?incontri riservati chiamati “tour de horizon”?. Ai quali fra il 1977 e il 1981, parteciparono anche i delegati della Eternit.