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Della morte di Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi si torna a discutere da stamane nel processo d’ appello ai 6 dirigenti e funzionari della ThyssenKrupp condannati in primo grado. Si era finiti in Corte d’ Assise perché l’ imputazione per l’ amministratore delegato Herald Espenhahn era stata di omicidio volontario con dolo eventuale e si resta in appello in Corte d’ Assise dopo la condanna del principale imputato per quel reato, a 16 anni e mezzo, il minimo della pena. Scontro sul dolo Dal dolo, con quell’ eventuale «annesso» che poco attenua, si riparte. E sarà scontro giuridico durissimo fra il pm Raffaele Guariniello e il professor Franco Coppi. La giurisprudenza della Cassazione sarà spesa a iosa, ma in appello non si ricomincia da capo. Ci si deve confrontare anche con la sentenza dei giudici di primo grado che accolsero la tesi accusatoria: il manager ha accettato il rischio del verificarsi di gravi incidenti sul lavoro nello stabilimento torinese in fase di chiusura. Fra le 502 pagine della motivazione spicca la definizione di «scelta sciagurata», attribuita ad Espenhahn, in relazione all’ azzeramento degli investimenti sulla sicurezza. Chi deve stare fuori e chi no Ma stamane, nella maxi-aula 6, si discuterà preliminarmente dell’ ammissione delle parti civili. La questione è questa e la porrà l’ avvocato Ezio Audisio, a nome del collegio di difesa: «Noi abbiamo risarcito tutti, sulla base della quantificazione dei danni stabiliti dai giudici di primo grado per ciascuno e siamo andati anche oltre. Complessivamente abbiamo risarcito somme fra i 23 e 25 milioni di euro ai familiari delle vittime, agli altri lavoratori costituitisi, alle organizzazioni sindacali, agli enti locali. A parte Medicina Democratica che ha avuto da noi i 100 mila euro della provvisionale ma ci ha detto di non voler rinunciare all’ appello, crediamo che tutte el altre parti civili non abbiano più interesse a coltivare l’ appello». È su quell’ interesse che si discuterà e su cui si dovrà esprimere la Corte presieduta da Gian Giacomo Sandrelli. L’ avvocato Sergio Bonetto, uno dei difensori di parte civile, anticipa la tesi del «noi abbiamo interesse a partecipare al processo. In caso di assoluzione degli imputati verrebbero annullate anche le quantificazioni dei danni stabiliti dai giudici di primo grado». È chiaro che non è questione di soldi e Guariniello lo afferma in modo tranchant: «La costituzione di parte civile deve essere stata esplicitamente revocata alcuni l’ hanno fatto – per sbarrare la partecipazione al processo ai ripensamenti. Salvo due casi particolari previsti dal codice». La questione non è in ogni caso di poco conto e precederà la relazione introduttiva del giudice a latere Paola Perrone, già prevista per l’ udienza di venerdì. Dopo la quale comincerà la maratona della requisitoria e delle arringhe difensive che dovrebbero impegnare una ventina di udienze. La maratona verbale Le colleghe di Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso, prevedono una puntigliosa ricostruzione dei fatti a partire dall’ incendio nella notte del 6 dicembre 2007 che si portò via tutta la squadra della linea 5, incluso il capoturno Rocco Marzo che era là per caso ed escluso Antonio Boccuzzi: l’ onda di fuoco lo risparmiò perché casualmente protetto da un muletto che si trovava fra lui e il moloch d’ acciaio. Boccuzzi è diventato un deputato impegnato sui temi della sicurezza. Espenhahn dirige uno stabilimento Tk in Germania ed è vicepresidente della holding italiana della multinazionale che ha ceduto il settore dell’ acciaio e sparirà dal nostro paese. Gli avvocati del manager sosterranno la sua innocenza: «Aveva assegnato efficaci deleghe operative», ai coimputati Daniele Moroni e Raffaele Salerno, quest’ ultimo direttore dello stabilimento torinese.