Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone
IL GRANDE Fratello dietro al bancone. Baristi e cassieri con un microchip infilato in tasca o appeso al collo, usato come bracciale o attaccato alla cintura. Uno strumento che rileva la posizione dei dipendenti in ogni momento, in ogni secondo del turno di lavoro. E che, in caso di “anoma-lie”, invia un segnale satellitare a una centrale operativa. UN SEGNALE che poi viene rinviato agli uomini della sicurezza. È una sperimentazione che ha scatenato un fiume di polemiche quella iniziata da MyChef, colosso francese della ristorazione con decine di punti vendita in aeroporti e autostrade. «Lo facciamo per la sicurezza dei lavoratori» chiariscono i vertici dell’ azienda. «Il rischio è che sia un modo per controllarli, è una cosa gravissima» ribattono compatti i sindacati, pronti alle barricate. Ogni sera, alle 10, due dipendenti della MyChef cominciano il loro turno di lavoro alla “Pioppa Ovest”, area di servizio alle porte di Bologna. È una cassiera a spiegare come funziona il “braccialetto” elettronico: «Questa struttura è molto grande e l’ azienda vuole risparmiare sul personale, così la notte siamo solo in due. Il microchip che indossiamo rileva la nostra posizione ed è attivo fino alle 6 di mattina. Se rimango sdraiata per più di 90 secondi, ad esempio in caso di rapina, viene inviato un segnale alla centrale operativa, che interviene». Ma il timore che aleggia tra i dipendenti è che in ballo non ci sia soltanto la sicurezza. «Questo aggeggio suona anche se io sono ferma dietro al bancone per un paio di minuti, in piedi. In quel caso la centrale chiama per chiederti se va tutto bene. Basta stare alla cassa: se in fila ci sono molte persone e io sono ferma, dopo un po’ suona l’ allarme ». E alcuni casi, continua la cassiera, sono persino imbarazzanti: «A una mia collega è successo di andare in bagno: il microchip ha cominciato a suonare. Ci sentiamo controllati ma di certo non più sicuri. E non abbiamo firmato alcuna liberatoria». Il clima, insomma, non è dei migliori. L’ amministratore delegato di MyChef, Sergio Castelli, però si dice «sbalordito» per la polemica, finita sulle pagine del quotidiano francese Le Monde. Il dispositivo («Che non è un braccialetto, i braccialetti ce li hanno i prigionieri », precisa) è costruito dalla ditta Micrologic di Verbania e assomiglia a un classico “sistema salva-vita”. «Si attiva solo se il lavoratore schiaccia il pulsante oppure se rimane fermo per 90 secondi sdraiato per terra, come quando è in atto una rapina – racconta – . Lo abbiamo scelto perché nell’ ultimo anno e mezzo nelle nostre aree di servizio di rapine ne abbiamo avute ben sette, di cui una proprio alla Pioppa, dove abbiamo deciso poco più di un mese fa di avviare un test di un anno con questo sistema. Tra un anno valuteremo costi e benefici. E, soprattutto – rivendica Castelli – i lavoratori hanno firmato, hanno ricevuto le istruzioni e abbiamo le firme del medico competente e del rappresentante della sicurezza. L’ abbiamo fatto per loro». I sindacati, neanche a dirlo, la pensano in modo opposto. Ad andare su tutte le furie è Malgara Cappelli, della Fisascat- Cisl, mentre nel suo ufficio sta parlando proprio con uno dei dipendenti della Pioppa: «È un fatto gravissimo: l’ azienda ha in organico un lavoratore in meno e mette in atto un sistema di videosorveglianza a distanza che non può essere utilizzato senza un accordo sindacale». «È troppo pericoloso lasciare da soli i dipendenti, specie se sono donne. E quel dispositivo non garantisce un intervento tempestivo in caso di pericolo» aggiunge Fabio Fois della Cgil. «Nessuno ci ha informati, vogliamo essere sicuri che non ci sia telecontrollo, chiederemo un incontro urgente» ribadisce Carmelo Massari della Uil. Comunque vada, non finirà qui.