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All’età di 15 anni l Euro è ancora un adolescente con problemi , cosi titola l’Economist cercando di analizzare punti di forza e di debolezza della moneta unica europea.
Dal primo di gennaio le nazioni europee che hanno adottato l’Euro come propria moneta sono salite a 18 dagli 11 iniziali. Con l’ingresso della Lettonia l’euro è diventata la valuta della maggior parte della popolazione dell’Unione Europea segnando fortemente la volontà degli stati di proseguire nel faticoso cammino per una completa integrazione monetaria ed economica.
Nel nostro paese è ricorrente il tentativo di attribuire alla moneta unica tutte le colpe di una situazione economica e finanziaria del paese che ha attraversato una crisi senza precedenti e solo adesso intravede leggeri segnali di ripresa ma soprattutto di inversione di rotta.
Varie forze politiche (movimento 5 stelle, Lega e Forza Italia in primis) e leader dell’opposizione come Beppe Grillo cercano di attribuire alla valuta unica le colpe di questa situazione e indicano nell’uscita morbida o traumatica dalla Euro la soluzione dei mali dell’Italia. Le forze di governo e i partiti che lo sostengono evidenziano che uscire oggi dall’euro avrebbe ripercussioni decisamente negative sulla vita degli italiani, farebbe salire alle stelle i tassi di interesse, renderebbe più difficile lavorare per le imprese, ma soprattutto indebolirebbe ancora la capacità d’acquisto delle famiglie. I benefici di una uscita dalla valuta europea da parte di uno dei paesi fondatori della Comunità Europea e con la responsabilità di un debito pubblico pari a oltre il 130% del PIL sarebbero tutti legati alla possibilità di svalutare la nuova valuta nazionale , fenomeno da ascrivere al passato di svalutazioni della nostra Lira contro le altre valute, permettendo di recuperare la reddittività delle nostre merci e dei nostri prodotti ma facendo pagare ai ceti più deboli e ai lavoratori il prezzo di questa operazione che nemmeno garantisce alle imprese di recuperare quote di mercato e competitività.
I dati strutturali del nostro paese ci impongono una politica diversa che affronti il debito pubblico, la sua ormai insopportabile dimensione, il peso degli interessi sul bilancio pubblico fino ad assorbire oltre il 10% delle entrate.
Oltretutto in questo momento ci sono segnali incoraggianti che la crisi dell’euro è finita per quanto riguarda i mercati specie quelli dei titoli di stato e obbligazionari; l’asta dei titoli di stato irlandesi è stata completata con successo e una richiesta pari a quattro volte le quantità offerte e siamo a meno di un mese dal salvataggio del governo Irlandese e della sua economia da parte dell’Unione. Nel nostro paese il collocamento di BOT BTP BTP Italia continua a sostenere il nostro debito pubblico e le aste si susseguono con assorbimenti da parte del mercato delle quantità offerte e con una ritrovata fiducia espressa anche dallo spread che è sceso finalmente sotto 200 punti base.
Cercando di focalizzare gli effetti più importanti per la vita dei pensionati e dei lavoratori dobbiamo affrontare senza paura queste proposte di uscita dall’Euro come una vera minaccia al reddito delle persone che vivono di pensioni e salari perché un beneficio che è sotto gli occhi di tutti è il forte controllo sui processi inflattivi che ha difeso anche in questi anni i salari e le pensioni (ai livelli in essere) .
Un’Italia fuori dall’Euro attuerebbe un’incontrollata svalutazione della sua nuova moneta nazionale, al fine di aumentare i salari monetari senza perdere la propria competitività di breve termine. Ciò innescherebbe un ingovernabile processo di inflazione, il cui impatto sociale negativo (soprattutto per i percettori di redditi fissi, come i pensionati) sarebbe affiancato nel breve termine dall’esplosione della spesa pubblica. Intanto, gran parte delle nostre imprese continuerebbe a essere tagliata fuori dallo sviluppo di nuove tecnologie e mercato e cercherebbe di rafforzare le proprie posizioni di rendita nel mercato nazionale. Nel medio termine, il circolo vizioso fra inflazione e svalutazione genererebbe, così, crescenti disavanzi nella bilancia commerciale vanificando per questa via la competitività recuperata grazie all’attacco al reddito dei pensionati e dei lavoratori.
Anche sul risparmio delle famiglie l’uscita dall’euro e l’adozione di una nuova moneta nazionale , provocherebbe una fortissima redistribuzione del reddito e della ricchezza privilegiando i capitali rappresentati da quote azionarie e da attività economiche oltre quelli già tutelati perché esportati all’estero e rappresentati in altre valute forti; mentre i risparmi investititi in obbligazioni ed immobili sarebbero colpiti da una forte svalutazione riducendo la ricchezza a disposizione delle famiglie per affrontare la crisi.
Di fronte a questi scenari l’azione dei governi nazionali e della Banca Centrale Europea non può che sviluppare un passo avanti per rafforzare il processo di integrazione economica e politica dell’Europa. Fenomeno questo si in grado di permettere un ritorno dei capitali investiti nei nostri paesi e invertire il declino che ci aspetterebbe divisi e frammentati in tante monete nazionali, incapaci di competere a livello globale.
Bologna 13 febbraio 2014