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Per un’Emilia che cresce


Cosa deve fare la Emilia Romagna per crescere? Ci fosse una sola risposta e ne fossimo depositari non ci attarderemmo un minuto a darla a chiunque perché la potesse mettere in pratica. Purtroppo non è così semplice ma possiamo provare a dire cosa dovrebbe fare e perché ce la può fare ad invertire una rotta che purtroppo la sta portando a sbattere contro una crisi sociale a cui nessuno di noi era abituato da almeno 50 anni a questa parte.
Innanzitutto partiamo sapendo cosa non può fare: non può farcela da sola. Se l’Italia continuerà ad essere in queste condizioni, neppure la forza produttiva, i amministrativa di carattere europeo, la buona amministrazione politica della struttura regionale potranno fare nulla contro un inesorabile declino.
L’Economist diceva dell’Inghilterra: tutta la tecnologia del mondo non potrà mai avvicinare la Cina ed allontanare la Francia. Per tutta una serie di attività economiche, anche quelle più evolute quando sono in uno stato embrionale, non c’è nulla che possa sostituire il mercato interno.
Quindi cosa possiamo fare? Cose materiali ed immateriali che possono assieme creare un clima pronto ad approfittare al massimo tutte le occasioni che ci si dovessero presentare davanti.


Tra quelle immateriali ce ne deve essere una che deve essere sempre presente a tutti: noi siamo una grande comunità, forse addirittura unica.
Dobbiamo esserne orgogliosi e coltivare quel senso di appartenenza che Diamanti aveva chiamato leghismo del centro.
Noi abbiamo dimostrato che essere di destra e sinistra non è la stessa cosa costruendo cooperative che competono in Italia e nel mondo e sviluppando una comunità che ha il più basso livello di disparità del reddito in Europa occidentale pur essendo una delle più ricche.
Noi quando andiamo in giro per il mondo vediamo i segni vivi del lavoro dei nostri nonni, genitori e coevi in manufatti, automobili, moto, palestre ed anche sul web.
Noi che abbiamo un’amministrazione regionale di livello europeo, che abbiamo meno di una decina di struttura private convenzionate e tutte perché hanno un’utilità. E potrei dirne tante altre. Ma anche noi con un tessuto produttivo ferito da un periodo che assomiglia ormai moltissimo a quello che fu il cambio di rotta marittimo per le città rinascimentali.
Dobbiamo reinventarci, ma come? Politicamente uscendo dai localismi estremi. Reinventandoci come città stato sul modello di Amburgo, Brema , Berlino in Germania.
Razionalizzando al massimo il numero dei comuni(prendendo a modello Ravenna per il numero). Cercando di dare ancora maggiore alla logistica impostando un percorso integrato che parta dal mare e dallo snodo bolognese(impedendo il folle progetto veneziano di porto stand-alone dannoso per il paese ed inutile per il veneto). Ma anche ricordando a tutti che essere di sinistra non è semplicemente essere onesti e diligenti ma anche essere parte integrante di un modello che continua a credere alla solidarietà come perno dello sviluppo economico-sociale di una comunità. Noi siamo di sinistra. La solidarietà qu ha funzionato, miglioriamola, cambiamola, ma non rinneghiamola.
Dal punto di vista economico dovremmo continuare a puntare sulla meccanica, sull’alimentare(aumentando molto il concetto di valore aggiunto anche sul versante di marketing e della ricerca) sulla finanza( abbiamo la seconda assicurazione italiana, una delle due direzioni generali della principale banca e la settima banca italiana in un territorio che ha 4 milioni di abitanti)sulla conoscenza(le università devono avere un maggiore coordinamento con le amministrazioni anche in un’ottica di reperimento fondi e prestazioni anche sul modello Trento e debbono puntare alla specializzazione ed eccellenza). Bisogna aiutare il processo di integrazione nelle costruzioni che già è in corso, aiutare anche l’internazionalizzazione anche delle piccole imprese artigiane affiancando le associazioni datoriali.


Bisogna dire chiaramente che per noi non tutte le forme economiche sono uguali, anche se tutte vanno ugualmente tutelate.
Chi però fa della solidarietà la sua fonte di ispirazione principale da noi non deve essere considerata uguale a quella che ritiene il profitto lo zenith ed il nadir del suo agire.
Insomma, qui si vorrebbe proporre una formula semplice: diamo valore alla solidarietà, al lavoro ed alla conoscenza ed il resto seguirà.
Ora dobbiamo sistemare una splendida macchina con il motore in difficoltà. Ce la faremo. Speriamo poi che poi vengano costruite anche le strade dove questa macchina possa correre.
Ma questa è un’altra storia..

Londra, 7 marzo 2014

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