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Punto e a capo, due punti, punto e virgola

A che punto siamo con il lavoro?

A giudicare dai titoli strillati, dalle contrapposizioni e dalle dichiarazioni rilasciate in questi giorni, punto e a capo. Innanzitutto perché stiamo parlando di “relata refero”, nulla di scritto, nulla di definitivo. Si tratta di prime disposizioni, a costo zero, da parte del Governo, disposizioni la cui discussione alla Camera comincia appunto in questi giorni. A costo zero, perché le più urgenti misure che potrebbero/potranno/possano (utilizzo dei verbi è di difficile interpretazione/decisione: se fossimo inglesi, dovremmo usare un “would, could, should”) dare ossigeno al mercato del lavoro languente, proprio per il loro carattere di urgenza, necessitano di un’attuazione immediata, anche senza risorse da destinare. Così si è partiti da ciò che è immobile: sgessare il tempo determinato, posto che il tentativo di sbloccare il tempo indeterminato, ingessando il determinato, attraverso la riforma Fornero, aveva portato di fatto le due forme contrattuali entrambe al reparto ortopedia.

Per il momento via ai contratti a termine, 8 rinnovi senza causale fino a tre anni. E via libera all’apprendistato. E sul dopo?

Per capirne di più, abbiamo invitato un parterre di tutto rispetto a raccontarci l’incipit del cosiddetto JobsAct: Rita Ghedini – senatrice PD, Danilo Gruppi – Camera del Lavoro Metropolitana  CGIL di Bologna e Yoram Gutgeld – deputato PD, si sono confrontati venerdì scorso, e ci hanno spiegato come e cosa potrà cambiare domani, imprimendo questa prima svolta, supportata dai 1000 euro netti in tasca agli italiani che guadagnano meno di 25.000 euro all’anno.

La ricetta è non solum semplice, sed etiam l’unica: sostenere la spesa interna (quindi, quei “pochi, maledetti, ma subito” che favoriscono i consumi) ed incentivare imprese e mercato attraverso uno snellimento dei contratti.

Ma, proprio di questi giorni, la “strana coppia” come l’ha definita lo stresso Premier Renzi, composta da un improbabile asse Confindustria-Cgil, boccia i piani del JobsAct e lamenta la cancellazione unilaterale della concertazione alla base di tutti i precedenti tentativi di riforma lavoristica.

Siamo solo ai primi passi, hanno sostenuto Ghedini e Gutgeld, avevamo urgenza di dare un segnale forte ed immediato al Paese, e l’unico punto da cui cominciare erano i contratti a termine. Tutto il resto, molto, verrà, ma necessita di coperture finanziarie che il Governo deve prima reperire. Tutti, senza eccezioni, concordano sulla fondamentale necessità di dare risposte immediate e concrete, dove la concretezza non sia l’aggettivo vuoto di significato, retorico, dopo che si sono spese tutte le parole possibili per descrivere una realtà che, come direbbe Flaiano, “non è più drammatica, è seria”.

Occorrono ammortizzatori sociali, sussidi di disoccupazione, ecc. che possano garantire dignità e sopravvivenza a tutti i lavoratori in difficoltà.

E tutto ciò costituirà il cuore dell’Act che andrà a comporsi nei prossimi mesi, e sul quale ci misureremo ancora con i nostri relatori, anche con l’intento di misurare e valutare insieme i risultati ottenuti, con la collaborazione e del contributo di Rossella Lama – Presidente Commissione Attività Produttive con delega al lavoro del Comune di Bologna e Francesco Critelli – capogruppo consiliare PD Comune di Bologna, che sono intervenuti anche venerdì scorso.

Il punto, sul quale l’alea dell’esito è purtroppo molto forte, rimane l’argomento “innovazione”, e “ricerca e sviluppo”, temi sui quali le imprese italiane manifestano la più grande difficoltà, registrando un arretramento delle posizioni rispetto ai competitors europei, e non solo. La direzione è comunque segnata ed evidente: competitività, attraverso l’innovazione, e riduzione del costo del lavoro.

Qui ci giochiamo la sfida del nostro futuro.

 

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