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L’Unione fa la forza

di Simonetta Saliera

Unioni e fusioni di Comuni per semplificare la vita delle persone e liberare così risorse per i servizi alla persona, il sostegno alle imprese e al lavoro e la cura del territorio. Sarà che in Emilia-Romagna le riforme si fanno e non sui predicano, ma in

meno di due anni (ma con oltre 160 incontri sul territorio) la nostra Regione ha cambiato pelle, dimostrando di essere al fianco dei cittadini in un rapporto diretto con i Comuni e le parti sociali. Grazie alla legge 21 del dicembre 2012, da Piacenza a Rimini sono nate 44 Unioni che raggruppano i 340 Comuni dell’Emilia-Romagna (già calati dai 348 dell’anno scorso a seguito delle 4 fusioni di 12 Comuni partite il primo gennaio 2014): semplificando così il quadro istituzionale, ogni Comune ottimizzerà le risorse umane meno personale in ufficio perché gli stessi uffici faranno le stesse pratiche per più Comuni, liberando persone che possono stare agli sportelli sul territorio, fare i servizi domiciliari e gli interventi). Esempio più semplice: la polizia municipale. Avere il servizio in Unione significa un solo comandante, un unico ufficio centrale per tutti (stazione radio, burocrazia), più agenti di pattuglia sul terittorio, maggiore possibilità di avere servizio dalle 12 alle 24 ore al giorno. In Emilia-Romagna, dunque, 90% della popolazione ora vive o in Comuni capoluogo (quindi di grande dimensione) o in Comuni associati in Unioni. Su 4,4 milioni di cittadini emiliano romagnoli circa 4 milioni di cittadini vivono in Unioni (2,5 milioni) o in capoluoghi (1,5 milioni di euro), poco più di 400.000 vivono in Comuni che non hanno aderito a Unioni. Il processo di riordino ha raggiunto alti livelli di realizzazione anche in territori come quello ferrarese, quello parmense e quello piacentino neofiti di questi processi e senza quelle esperienze precedenti e radicate come in altre parti della regione, ad esempio i territori bolognesi, modenesi, reggiani e romagnolo. L’associazionismo è forte anche nelle realtà montane dove i Comuni sono più piccoli e distanti da loro. Pensiamo che anche il Comune più piccolo dell’Emilia-Romagna, Zerba in provincia di Piacenza con meno di 90 abitanti, è entrato in Unione. Cosa significa avere i “servizi Comunali associati in Unioni”: territorio più coeso, meno spese di gestione, economie di scala, progetti a vasto raggio, più risorse – in tempo di crisi – per servizi alla persona, sviluppo impresa e lavoro, cura del territorio. Più servizi in rete in modo da ridurre le code dei cittadini. In Emilia-Romagna le riforme si fanno e non si predicano solo: si fanno perché prima si discute con tutti, non si impone niente dall’alto e poi in tempi congrui si passa dalle parole ai fatti. Ci siamo mossi per tempo in modo da arrivare preparati alla riforma Istituzionale da cui, da anni, lo Stato centrale sta lavorando con il superamento delle Province. Nel frattempo sono state concluse, su base volontaria dei Comuni interessati e a seguito di referendum consultivo, 4 fusioni di 12 Comuni (Valsamoggia, Sissa Trecasali, Poggio Torriana, Fiscaglia), Comuni che saranno esenti per i primi tre anni di vita dai vincoli del patto di stabilità e per i primi 15 riceveranno contributi statali e regionali straordinari.

Bologna ottobre 2014

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