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Il 10 e l’11 aprile scorsi, Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford, ha organizzato il proprio convegno nazionale a Perugia, dedicato, quest’anno, al tema dell’intersessualità, principalmente nella sua dimensione giuridica ma non solo.
Si è trattato, infatti, di un evento che non ha riunito esclusivamente operatori del diritto ma che, volendo affrontare il tema sotto angolature differenti, ha coinvolto, in un proficuo contraddittorio, medici, filosofi, sociologi e financo attivisti.
Con il termine intersessualità si indica, in medicina, la condizione di quei soggetti portatori di alcune atipicità sessuali, cromosomiche o genetiche, che vengono fatti rientrare, con terminologia per la verità contestata dagli attivisti intersex, nell’ampia categoria medico – scientifica dei “Disturbi dello sviluppo sessuale” (in sigla DSD); tra queste si rammenta in primis l’ermafroditismo – condizione estremamente rara che vede la compresenza di caratteri sessuali maschili e femminili – e quella dello pseudo ermafroditismo, rinvenibile in tutti quei casi in cui l’apparenza degli organi sessuali esterni è opposta al sesso cromosomico o gonadico (sindrome di Morris, Sindrome di Klinefelter et coet.).
L’esistenza di tali atipicità, che coinvolge un numero non esiguo – si parla di una percentuale vicina al 2% della popolazione mondiale – conferma l’impossibilità di ridurre la categoria “sesso” al semplice binarismo sessuale maschile e femminile, già messo in dubbio, peraltro, a livello scientifico, dove si fa strada l’idea di un continuum della categoria di “sesso”.
La condizione intersessuale sfida, dunque, apertamente il dimorfismo sessuale, e combatte quella pervicace resistenza culturale che vorrebbe relegarla esclusivamente nell’ambito della patologia medica e della sua “retorica della cura”.
E tuttavia, ancora oggi le persone intersessuali sono costrette, per sottrarsi allo stigma sociale, ad invasivi ed irreversibili interventi chirurgici, nonostante sia stato ampiamente dimostrato che i trattamenti medici non migliorino affatto la qualità della loro vita.
Interventi chirurgici che vengono effettuati, addirittura, nelle prime settimane di vita del bambino e ciò in palese contrasto con le linee guida del Comitato Italiano Nazionale di Bioetica del 2009 e con la tutela costituzionale del diritto alla salute.
Tali profili sono stati diffusamente trattati nel convegno organizzato da Rete Lenford, che, come è noto, si trova in prima linea per la difesa dei diritti delle persone LGBTI.
Infatti, “Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford”- che quantomeno da un paio d’anni ha modificato il proprio statuto, aggiungendo all’acronimo LGBT la lettera” I “ proprio per esplicitare la volontà di difendere anche le persone intersex – è attiva nel panorama dell’associazionismo forense da più di 8 anni ed ha quale proprio scopo sociale quello di concorrere a diffondere la cultura e il rispetto dei diritti delle persone omosessuali, bisessuali, transessuali, transgender ed intersex, sia a livello nazionale che internazionale, incoraggiandone in particolare lo studio, la conoscenza e la difesa tra i giuristi e sollecitando, nel contempo, l’attenzione del mondo giudiziario.
Proprio dal convegno perugino ReteLenford, unitamente ad associazioni di attivisti intersex, ha avanzato una proposta di moratoria degli interventi chirurgici sui minori.
Da questi brevi cenni è facile comprendere come la tematica dell’intersessualità coinvolga diritti di rilevanza costituzionale, quali il diritto alla salute, inteso sia come diritto all’integrità del proprio corpo, sia come diritto ad un corretto consenso informato, nonché il diritto all’autodeterminazione.
Inoltre, accanto a tali profili, il convegno nazionale ha evidenziato ulteriori criticità normative che riguardano le persone intersessuali.
Si è evidenziato, ad esempio, come le norme sull’assegnazione del nome al neonato, contenute D.P.R. n.396 del 2000, siano ancora costruite su un coriaceo dimorfismo sessuale, che rende, de facto, estremamente complicata la procedura necessaria per la rettifica anagrafica del nome.
Difficoltà burocratiche che, tuttavia, non sono appannaggio esclusivo dell’ordinamento italiano, ma che costituiscono il substrato normativo di molti degli ordinamenti giuridici internazionali.
Pochi sono quegli Stati che, ad oggi, hanno legiferato in maniera compiuta su tale materia: Germania, Australia e, recentemente, Malta.
La legge maltese, in particolare, pare aver recepito le riflessioni dell’attivismo intersex, al punto tale da essere oggi considerata una delle più avanzate legislazioni in subjecta materia.
Ebbene, tale legge prevede esplicitamente, all’art. 15, il divieto di intervento per i minori intersessuali. Si prevede, inoltre, la possibilità di cambiare dati anagrafici con un semplice procedimento amministrativo, diversamente da quanto previsto dalla norma italiana dove è ancora richiesto l’intervento giudiziale.
In conclusione, si può affermare che il convegno perugino, autorevole per la presenza di prestigiosi relatori, profondi conoscitori della materia, ha costituto momento di fondamentale importanza per le istanze delle persone intersessuali, capace, si auspica, di dar loro visibilità ed a garantire che le medesime – parafrasando le incisive parole L. Bernini – vengano finalmente “trattate” dall’ordinamento giuridico e non solamente dall’ordinamento sanitario.
Di Marco Geremia
(avvocato socio di Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford)
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