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Convegno: mercoledì 10 giugno 2015 presso la Città dell'Altra Economia - Largo Dino Frisullo - Rione Testaccio, Roma. Dalle ore 14.30 alle ore 18.30
L’iniziativa è orientata a dare evidenza degli ostacoli sociali, tecnici e di mercato che, se non rimossi, impediscono ai cittadini europei di partecipare consapevolmente e attivamente all’obiettivo di miglioramento ambientale e di risparmio energetico promosso dal Parlamento europeo con il programma “Horizon 2020”.
In Europa lo stock immobiliare, inefficiente ed energivoro, costituisce una grave e costante minaccia alla salvaguardia ambientale. Per il loro fabbisogno di energia nella maggior parte dei casi si fa continuamente ricorso a fonti energetiche provenienti dalla filiera fossile. Questo tema rappresenta una delle sfide più impegnative da affrontare e le tecnologie ICT, se diffuse a tutti gli strati sociali, possono dare un forte contributo alla realizzazione dell’obiettivo. La sostituzione di tecnologie mature ad elevato impatto ambientale con le più recenti tecnologie energetiche costituisce una necessaria programmazione industriale e politica.
La crisi economica, ancora in corso in molti Paesi, e i recenti ingressi dei Paesi dell’Est nell’Unione Europea, con stock immobiliari fortemente energivori, hanno reso ancor più urgente intervenire a favore dell’efficientamento energetico degli immobili per garantire il raggiungimento dell’obiettivo ambientale previsto dal Programma Horizon 2020. Il potenziamento dell’informazione, della diffusione di conoscenze e delle migliori pratiche può costituire uno strumento utile e redditizio nella lotta agli sprechi di energia e all’uso consapevole delle fonti energetiche.
Infatti enormi masse di cittadini (in Italia circa 16 milioni e in Europa sono complessivamente 120 milioni i cittadini che vivono sotto la soglia di povertà) (*) pur avendo una spiccata sensibilità ambientale e un forte senso civico rischiano di rimanere esclusi dai programmi politici di miglioramento ambientale promossi dall’Europa, per il semplice fatto che non hanno redditi sufficienti per investire in tecnologie di efficientamento energetico degli immobili sia di proprietà sia in affitto. Si tratta di gruppi sociali resi incapienti dalla perdita di occupazione e sono già a rischio di esclusione da qualsiasi programma di miglioramento della società europea incluso l’obiettivo di efficientamento della loro casa, ammesso che ce l’abbiano. Inoltre i livelli di vetustità dello stock immobiliare e i dati sui livelli medi di reddito dei cittadini ci informano che il Programma “Horizon 2020” rischia di essere messo in atto solo da pochi e fortunati possessori di case. A tutto ciò aggiungiamo che il perdurare di politiche di austerity, sempre chieste dalla stessa Europa, e la scarsezza di risorse disponibili non incentiva l’investimento finanziario nella rigenerazione urbana e nell’efficientamento del parco immobiliare esistente. Alla luce di quanto precedentemente considerato possiamo affermare che allo stato attuale per milioni di cittadini italiani e europei gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione e alla partecipazione fattiva del programma di miglioramento ambientale europeo sono molti e concreti. Tuttavia riteniamo che alla portata dei nostri amministratori vi siano soluzioni sostenibili sia in termini culturali sia in termini di innovazione tecnologica per dare risposta al secondo Comma dell’art. 3 della nostra Costituzione “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” . I proponenti pensano che sia indispensabile rimuovere soprattutto gli ostacoli che impediscono agli inquilini degli immobili pubblici di partecipare al miglioramento ambientale. Immaginiamo che con interventi mirati a favore dei cittadini svantaggiati, resi vulnerabili dalla decadenza economica dei propri territori, si possano sperimentare forme di riscatto sociale e di riqualificazione urbana, il tutto a vantaggio della causa ambientale.
A nostro avviso il primo ostacolo è costituito dalla mancanza di informazioni sui comportamenti “efficienti”. La lotta agli sprechi, che i cittadini poveri possono mettere in atto in ambito domestico, può contribuire in modo soddisfacente a ridurre il consumo di energia e migliorare il loro bilancio familiare. Questo è possibile con appropriate campagne informative e formative basate anche sull’uso e diffusione della tecnologia digitale, che immaginiamo possa trovare impiego nell’ammodernamento impiantistico degli immobili pubblici.
Il secondo ostacolo è rappresentato dalla asimmetria contrattuale tra erogatore dei servizi energetici e consumatore che rende quest’ultimo privo di soggettività riducendo il suo ruolo a semplice pagatore di bollette di cui conosce l’entità e forse la qualità dei consumi soltanto alla data di scadenza. Crediamo fortemente che la costituzione di Esco (**) possa rendere il mercato più elastico nel rapporto tra domanda e offerta misurando anche la qualità del servizio oltre che il mix delle fonti energetiche.
Il terzo è individuabile nella lotta agli oligopoli delle industrie energetiche che rendono la fornitura di energia per uso domestico più costosa che per fini industriali in termini di ritorno dei benefici ambientali. Pensiamo che come è successo per la telefonia anche per il settore energetico si possa passare ad un’offerta di “energia prepagata”. Dall’uso continuo e inconsapevole all’uso necessario ed efficiente. In questo modo sarà possibile misurare anche il ritorno del beneficio ambientale rispetto all’Irpef pagata, indispensabile per sostenere gli investimenti in opere di bonifica e ripristino dei territori. Recenti studi sulla fiscalità ambientale(art. 15 Legge 23/2014) hanno messo in evidenza che il settore industriale italiano con 5 miliardi di gettito Irpef nell’anno 2013 ha generato costi ambientali pari a oltre 13 miliardi di Euro. Di converso le famiglie italiane con un gettito Irpef di 24,9 miliardi nell’anno 2013 hanno generato costi ambientali pari a circa 15 miliardi di Euro. E’ evidente che i costi ambientali creati dalle imprese sono a carico delle famiglie. Riteniamo indispensabile distinguere le responsabilità tra grandi consumatori di materie prime rinnovabili e non rinnovabili introducendo il principio di responsabilità oggettiva e fiscale per gli indifferibili interventi di bonifica ambientale.
Partendo dal riequilibrio dei fattori sopra indicati a nostro avviso si faciliterebbe l’esercizio attivo dei diritti di cittadinanza dei cittadini italiani e europei altrimenti esclusi dal programma di miglioramento ambientale. In ultimo pensiamo che l’Europa se vorrà continuare a puntare su politiche di equità e di inclusività nel mercato energetico dovrà affrontare con maggiore incisività alcuni nodi politici e tra questi, a nostro avviso, vi sono certamente quelli da noi trattati.
(*) fonte Eurostat 2013
(**) Energy saving company