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Oggi è stata varata la nave della "buona scuola" una bianca nave elegante piena di tante promesse: 100.000 o 150.000 posti di lavoro stabili (non si è capito), un po' di sano dirigismo, e tanta innovazione: smart life, coworking, transition town, internet of things, ma, l'insieme di queste novità non riescono
Oggi è stata varata la nave della “buona scuola” una bianca nave elegante piena di tante promesse: 100.000 o 150.000 posti di lavoro stabili (non si è capito), un po’ di sano dirigismo, e tanta innovazione: smart life, coworking, transition town, internet of things, ma, l’insieme di queste novità non riescono a sconvolgere la nostra abituale, tranquilla banalità dell’innefficenza.
Ascoltare, capire, programmare, sembra perdersi all’orizzonte e così ci ritroviamo dentro un bel giallo scolastico. Ecco la nostra storia.
Come saprete noi abbiamo una scuola d’avanguardia che tutti include, nessuno discrimina, e su questo assunto si è realizzata l’integrazione scolastica della disabilità. Fino a poco tempo fa se ne occupava la Provincia di Roma per gli Istituti Superiori, ottimamente guidata dall’ex Assessore Claudio Cecchini che in due successivi mandati ha promosso reti scolastiche, percorsi innovativi, linee guida e tanto altro condiviso tra l’organizzazione amministrativa provinciale, le Scuole e il Terzo Settore. È sempre mancata la certezza dei fondi e la definizione operativa da parte della Regione, compresa la figura professionale dell’Assistente ma c’era una linea e una guida. Ora la Provincia è EX, la Città Metropolitana di Roma deve ancora esserci e 3.500 famiglie con figli disabili rimangono al palo, nessuno dice cosa succederà.
Sembra che l’EX Provincia non abbia le risorse, il Governo taglia gli Enti Locali esistenti figurarsi quelli che devono scomparire, la Regione nicchia e l’Anno Scolastico si chiude con una suspense: sembra che i fondi ci siano fino al 31 dicembre ma come sappiamo l’anno scolastico è un pò più lungo; ed ecco quali sono i nostri scogli. La buona scuola rischia il naufragio.
Forse non è evidente ai più ma una famiglia con un figlio disabile è un organismo molto fragile in cui si combatte quotidianamente con una tenacia che sa di coraggio estremo per avere qualche certezza, piccolo spazi di assistenza, pause di relazioni, palestre di espressività, una educazione sentimentale e tante altre cose, insomma amore, accudimento e rispetto delle individualità.
Come è possibile che ciò avvenga senza una collaborazione collettiva? Come è possibile non sentirsi coinvolti nelle responsabilità dei singoli e delle Istituzioni? Come è possibile che tutto ciò si svolga in modo informale, senza certezza, senza una comunicazione capillare ad una utenza così sensibile?
A tutto ciò c’è da aggiungere un dato: un buon servizio sociale oltre alla corretta analisi dei bisogni e al contesto, si basa sulla qualità degli Operatori Sociali, che, sembrerà strano, ma investono emotività e intelligenza nel costruire queste reti di relazioni. La tranquillità del lavoro e una giusta remunerazione sono elementi importanti in questi percorsi. Bene, le Cooperative Sociali che coprono questo servizio, chiamato convenzionalmente “scolastica”, stanno stabilizzando tutti i contratti scommettendo sullo sviluppo del welfare, anche tramite formazioni mirate. Non è così semplice stabilizzare 1.000 Assistenti a tempo indeterminato partendo dalla condizione che la “scolastica” offre sette, otto mesi di lavoro effettivo! Serve un cambiamento importante nella organizzazione dell’impresa e una grande dose di fiducia.
Ecco, come vedete – navighiamo a vista – non è il solo esempio ma credo che meriti una attenzione speciale come le vite speciali che contiene.
Eugenio de Crescenzo