Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Volkswagen, una parabola dell’Europa?

Wolfsburg, settembre 25-28/2015.

Si sono io lo scienziato tedesco che solo per caso, studiando e testando di versi modelli di auto in nome del rigore scientifico e del diritto dell’opinione pubblica mondiale all’informazione, ho scoperto il caso dei trucchi montati coi software su alcuni modelli Volkswagen”.

E’ Peter Mock che parla, “Il ragazzo prodigio tipico figlio della nuova Berlino unita[1]”.

Sbaglia e anche di molto, il “banchiere” (Jens Weidmann, presidente della Bundesbank): “questo scandalo ha compromesso il made in Germany, ed è importante che si chiarisca rapidamente”.

No, è ben di più. A ricordaglielo è proprio il suo conterraneo, nuovo capo della Volkswagen, Matthias Mueller: “solo con umiltà e trasparenza torneremo forti”. Umiltà, Herr Weidmann!

Il cittadino normale del ventottesimo paese membro dell’Unione si sta chiedendo: con quale autorevolezza, civile e morale e, persino, professionale ora ai tavoli dei permanenti negoziati dell’Unione e nell’Unione, la Germania, paese membro e leader di Europa siederà; e chiederà – come è giusto che avvenga, e vale per ciascuno dei 28 verso gli altri membri – coerenza, trasparenza, convergenza? Impegno e sacrifici.

“Lo scandalo è destinato ad avere ripercussioni gravissime per l’azienda della Germania. Tuttavia non va considerato solo un brutto affare tedesco. Il caso presenta alcuni aspetti trascurati che ci riguardano direttamente e dovrebbero suscitare e interrogativi e incrinare certezze”[2].

Una parabola dell’Europa? Certamente una parabola per l’Europa.

Nella Volkswagen lo Stato (la Bassa Sassonia) è azionista con il 20 per cento e con una golden share che gli concede di influire sul controllo. In Germania vige, dai tempi della sua uscita dalla tragica era del nazismo e dalla guerra, un sistema di relazioni industriali (Mitbestimmung[3]) interessante e spesso invidiato, che porta i lavoratori e il sindacato a forme di co-gestione/co-determinazione di molti processi e fatti aziendali.

Siccome non stiamo di fronte ad un “errore”, ma ad un sistema tecnologico e di politica (competizione e concorrenza) industriale, tutti i soggetti sono in campo e tutti sono chiamati a rispondere: la proprietà (privata e pubblica), l’impresa/management, il sindacato.

Solo pochi anni fa il gruppo Volkswagen, ad esempio, era stato al centro di una spericolata scalata lanciata dalla Porsche.

Facciamo anche qualche passo indietro. Dentro il governo ( e la governance) della Unione: la Commissione, 13 gennaio 2003.

Il Commissario all’industria Gunter Verheugen convoca il Gruppo di alto livello “Cars 21”. “Al suo fianco, l’amministratore delegato di Volkswagen Bernd Pischetsrieder (all’epoca anche presidente dell’associazione europea). In quel comitato sedevano anche sindacalisti, politici e altri industriali, anche Sergio Marchionne. Ma lo schieramento tedesco era il più compatto. La direttiva chiave sulle emissioni di anidride carbonica e di ossido d’ azoto del 2007 matura in questo contesto”. La trattativa procederà tra i frenanti e i disponibili a norme esigenti. “Alla fine le soglie furono fissate, ma i controlli reali furono affidate alle autorità nazionali. Una scelta su cui pesò, di nuovo, la pressione delle case tedesche”[4] . Di recente, abbiamo assistito allo stesso schema politico, sulla Unione bancaria.

Non è una questione di supremazie o egoismi: è la questione delle Politiche europee, in questo caso quella industriale. E’ la questione del deficit di integrazione europea; che non si fa solo sul fronte dei bilanci e della moneta. E’ il modello di integrazione europea che siamo riusciti a costruire a mostrare tutte le sue deficienze.

Torniamo a Peter Mock. Lavora alla Icct (International council on clean transportation), Ong ecologista. Competente ed autorevole. “All’inizio, racconta a Manager Magazin, ci eravamo posti l’obiettivo di provare che le auto tedesche nelle versioni offerte alla clientela americana sono più pulite rispetto Agli stessi modelli nelle varianti vendute per il mercato europeo, perché le norme americane sono più severe”.

E così, oltre che confermare che la severità (anche nei controlli) degli americani è più alta e affidabile, abbiamo scoperto la frode. La frode verso milioni di consumatori. Ed ecco un altro – strategico fronte – della questione Volkswagen: il rapporto, impari e sempre perdente, tra consumatore e grandi aziende. Un altro campo dove soltanto con più Europa e più integrata sarà possibile agire in un mercato sovranazionale controllabile e controllato. E’ la grande questione del capitalismo e le regole.

E torniamo alla Germania, ascoltando uno scrittore tedesco, ottimo conoscitore del suo popolo e della sua anima. “L’anima tedesca è in crisi, perché scopre all’improvviso che un simbolo decennale del suo successo di Paese risorto nel dopoguerra dalle macerie, democrazia solida e aperta al mondo è fondata sull’inganno. L’anima tedesca è in crisi, perché questo inganno fa a pezzi l’immagine di credibilità che a fatica il Paese si era ricostruito.”[5]

Sia chiaro, di questa credibilità l’Europa ha bisogno. Non riusciremo mai a costruire più Europa rallegrandoci o speculando sugli incidenti o anche sulle pecche degli altri; ma neppure chiudendo gli occhi o sospendendo il pensiero. L’Unione è fatta di eguali: tutti ai nastri di partenza, permanentemente. Volkswagen, una parabola per Europa.

Mario Campli

L’autore ha recentemente pubblicato: EUROPA, ragazzi e ragazze riscriviamo il sogno europeo – Marotta&Cafiero, Napoli, 2014

[1] Andrea Tarquini, intervista a la Repubblica, 25 settembre 2015.

[2] Alessandro Penati, “Stato azionista, regole e finanza spericolata, flop del modello Europa”, la Repubblica 27 settembre 2015

[3] La Mitbestimmung, spesso è tradotta co-gestione; ma co-determinazione è più corretta. Non implica, infatti, che i lavoratori/il sindacato attuino una vera e propria cogestione dell’impresa, ma che l’azienda debba avere il loro consenso in determinati momenti. In pratica questo avviene attraverso “i consigli di impresa” (Betnebsrat) e la presenza di una rappresentanza dei lavoratori nelle istanze dirigenziali delle società/imprese/aziende.

[4] Giuseppe Sarcina, “la lobby tedesca e la conquista di Bruxelles”, in Corriere della sera 25 settembre 2015.

[5] Peter Schneider, “Noi tedeschi in crisi di identità”, in la Repubblica 26 settembre 2015.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *