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Diario Europeo n. 18
E’ urgente tornare su “ Schengen”. “Diario” è già intervenuto qualche tempo fa sul tema (domenica, 29 novembre 2015). Prima ancora che si arrivasse allo snodo attuale: Schengen sì/Schengen no.
E dopo queste interminabili settimane di incipiente follia, il 18 e 19 febbraio prossimi, il Consiglio europeo (i capi di stato e di governo dei 28 Paesi membri) si riunirà con all’ordine del giorno due punti cruciali:
1. Immigrazioni e Schengen
2. La domanda della Gran Bretagna di ridiscutere alcune fondamentali questioni della sua appartenenza all’Unione, per arginare il rischio “BREXIT” (prossimo referendum sulla uscita dalla UE).
Due temi apparentemente lontani. Certamente indipendenti l’uno dall’altro. Ma certamente ambedue rispondenti allo “spirito del tempo”.
(I sonnambuli)
Sento l’esigenza, però, di evocare, prima, un altro periodo della storia europea: l’estate 1914. Non spaventatevi: sono solo cento anni. Re, imperatori, ministri, ambasciatori, generali: chi aveva le leve del potere era come un ‘sonnambulo’, apparentemente vigile ma non in grado di comprendere una situazione di fragilità e frammentarietà: dilaniata da ideologie in lotta e dalle contese politiche. Così un solo atto terroristico, compiuto da Gavrilo Princip ai danni dell’arciduca, ha un esito fatale: il crollo di quattro grandi imperi, la morte di milioni di persone e la fine di un’intera civiltà.
L’atmosfera è stata mirabilmente ricostruita da un libro recente: “I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla grande guerra”, di Clark Christopher.
Il libro, l’atmosfera e la preoccupazione furono evocati recentemente anche nei palazzi silenziosi e felpati di questa Unione europea, nel dicembre del 2013. Ascoltiamo come e da chi.
“Verrà il momento in cui sbanderemo, come i sonnambuli d’Europa nell’estate 1914”. Lo ha detto Angela Merkel, la cancelliera del governo tedesco, ai suoi colleghi capi di governo, nel corso della riunione del Consiglio europeo, all’inizio del 2013: erano – allora- alle prese con la crisi finanziaria, piombata nel cuore dell’Unione, e calata in una Unione economica e monetaria ancora molto incompleta. Citava, la Cancelliera, proprio il libro dello storico Christopher Clark sulla Grande guerra ( tradotto in Italia dall’editore Laterza). I sonnambuli descritti da Clark sono i governi che scivolarono nella guerra presentendo il cataclisma, simulando allarmi, ma senza far nulla per scongiurarla.
(Schengen)
Ciò che non sono riuscite (fino ad ora!) a fare le forze non razionali dei mercati finanziari sul campo di “battaglia” della Unione economica e monetaria incompleta, riusciranno a fare i sonnambuli d’Europa? (I capi di governo o di Stato, i partiti politici presenti nel Parlamento europeo, i responsabili delle Istituzioni dell’Unione, ecc. ecc.).
Sette Paesi membri della Unione e/o di Schengen (Germania, Austria, Svezia, Francia, Norvegia, Croazia) – via via da settembre a febbraio – hanno effettuato e stanno effettuando sospensioni al sistema europeo di libera circolazione nei e tra i territori degli stati aderenti all’ Accordo Schengen (nel suo complesso: 26 stati europei, di cui 22 membri della UE).
Non solo. Alla Grecia – in evidente difficoltà a registrare la straordinaria ondata che solo in questo mese di febbraio ha portato sul suo territorio già 45 mila rifugiati e nei dodici mesi dell’anno scorso ben 850 mila (poco meno degli entrati in Germania che ha cinque volte gli abitanti della Grecia) – è stato intimato di mettersi in regola su tutte le procedure del caso, in tre mesi, altrimenti sarà espulsa dal sistema Schengen! I muri – di mattoni o di filo spinato – ormai non si contano.
Ma a cosa servirebbe continuare ad aggiungere “grida di dolore”? Proviamo a guardare negli occhi il mostro!
“Il mondo in cui è sorto Schengen non esiste più. La domanda dovrebbe essere: come si fa a non gettare via il bambino (terribile evocazione di un detto – osserva Diario europeo- in un contesto in cui realmente centinaia di bambini sono gettati via) insieme all’acqua sporca; a salvare il salvabile di Schengen, come andrebbe fatto per ragioni economiche ma anche simboliche – ristabilire le frontiere interne, infatti, significherebbe la fine dell’integrazione europea; ad adattarlo però ai tempi?” (così, Angelo Panebianco, in Corriere della sera 27-1-2016).
La domanda potrebbe – anzi dovrebbe – essere anche rilanciata ed applicata in tutti gli snodi cruciali nei quali questa Europa unita – incompleta e a metà del guado – si imbatte quasi quotidianamente.
Perché, si domanda infatti il cittadino europeo, difronte alle difficoltà e/o alla forza della corrente che spinge chi per troppo tempo resta fermo a metà o quasi del guado, sempre si cede alla tentazione di tornare indietro e non invece si decide di accelerare il passo che ti porta fuori dalla corrente?
Fuori di metafora: cosa ci si guadagnerebbe a sopprimere Schengen? Nulla! Tutti i problemi che ora pressano l’Unione resteranno lì inesorabilmente. Non solo: è stato anche calcolato il costo della soppressione del sistema – circa cento miliardi di euro. Sarebbe una efficace spinta alla crescita dell’Europa. Per poi, fare cosa?
Alle classi dirigenti elette dai popoli d’Europa al governo dei Paesi membri della Unione, perché risulta più adeguato togliere ciò che c’è e non invece aggiungere ciò che manca?
Sono i loro popoli a chiedere questo? Se ritengono di non aver altro da offrire al futuro dei loro popoli, ne prendano atto e leggano e applichino l’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea: “Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione”.
Se vogliono ancora investire sul futuro, allora devono alacremente dedicarsi a fare ciò che non ancora si è voluto fare fino ad ora: completare Schengen, con la messa in comune della gestione delle frontiere esterne. Integralmente! In fretta! “ I controlli alle frontiere esterne sono un Bene Pubblico Europeo, e tocca all’Unione, non ai singoli Stati, occuparsene.” (A. Panebianco).
Ne seguirebbe (e in fretta) la costituzione di un corpo di Polizia Europea di Frontiera. Ed altro ancora (vedasi Diario europeo del 29 novembre 2015).
Come si costruisce ( o completa) questa Unità europea se non facendo ora, in fretta, questi passi ulteriori e coerenti?
Diario europeo attende, dunque, che la cancelliera Angela Merkel torni a ripetere ai suoi colleghi: verrà il momento in cui sbanderemo, come i sonnambuli d’Europa nell’estate 1914.
Un monito, naturalmente, che riguarda anche il suo paese e la sua altissima funzione.
Le classi dirigenti di questa Unione devono assumersi fino in fondo le proprie responsabilità. Ora. Subito. Altrimenti la storia si incaricherà di condannarle.
Le anticipazioni rispetto al punto sulle Immigrazioni, di cui al prossimo Consiglio Europeo sono queste: presentazione e discussione di un piano organico per superare “Dublino” (l’obbligo del paese, dove approda l’immigrato, di accoglierlo, registrarlo e dargli asilo) con le linee – di massima e generali – del nuovo sistema. ( La Commissione e il suo presidente J. C .Juncher avevano ricevuto tale incarico già da molti mesi). Per, poi, presentare al Consiglio di metà Marzo, precise nuove regole e approvarle. Si spera. (Con analoga in-flessibilità usata in altre determinazioni e direzioni).
Nel frattempo, già qualche mese fa, la stessa Commissione e il Consiglio (i ministri degli Interni) avevano approvato – a maggioranza – un piano di ricollocazione, dall’Italia e dalla Grecia verso gli altri Paesi membri, di 160 mila rifugiati. Ma il piano è fallito per la mancata volontà di applicarlo da parte di diversi Paesi membri dell’Unione (dopo una formale decisione del Consiglio!). Nel frattempo – ancora- la Commissione ha aperto una procedura di infrazione (per la incompleta attivazione degli hotspot ) contro l’Italia (alla quale non si era dato respiro con la ricollocazione dei rifugiati presenti nel suo territorio). Della intimazione alla Grecia, abbiamo sopra già detto. Del piano di aiuti alla Turchia – al fine di alleggerire la pressione sulla rotta balcanica (quella che porta verso i Paesi membri dell’UE del nord Europa) – i lettori e le lettrici sanno tutto. Come pure, spero che sappiano che un analogo piano di aiuti non è mai stato concepito per l’Italia, al fine di alleggerire la pressione alla quale, per anni, ha dovuto far fronte con i propri mezzi finanziari (contabilizzati nelle spese di bilancio nazionale alla pari delle altre spese). E per orra ci fermiamo qui.
Del secondo punto all’ordine del giorno del prossimo Consiglio Europeo – BREXIT- Diario europeo si occuperà nel prossimo numero 19.