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Cina: Fakenews in salsa agrodolce

di MAURIZIO SCARPARI

(in collaborazione con www.inchiestaonline.it)

Maurizio Scarpari: Cina. Fakenews in salsa agrodolce e appetiti politici

| 28 Maggio 2020 | Comments (0)

 

 

Il rapporto del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) appena votato pone l’accento sulla diffusione da parte di Russia e Cina di notizie volte a manipolare l’opinione pubblica italiana (e non solo) e denuncia l’esistenza del progetto di entrambe le superpotenze di indebolire il fronte delle democrazie liberali, creando le condizioni per una revisione delle alleanze e una ridefinizione dello scacchiere geopolitico mondiale. Tale rapporto rappresenta una novità importante per il nostro Paese; a questo punto sarebbe importante disporre di un resoconto relativo alla contraffazione di informazioni anche sul versante occidentale, americano in particolare.

Dunque non sono più solo i media a denunciare la spregiudicatezza di chi, approfittando delle difficoltà in cui il mondo è precipitato, specula a proprio vantaggio, questa volta è il Parlamento italiano, attraverso un suo organo specifico, a prendere posizione, chiara e netta. Il che pone altre, urgenti questioni.

Il governo cinese tenta di riscrivere la storia per coprire le proprie responsabilità, quantomeno nell’aver permesso che l’epidemia si trasformasse in pandemia, per definirsi non colpevole ma vittima e riscattarsi dal ruolo di vittima presentandosi come salvatore dell’umanità. Si tratta di un’operazione finalizzata sia alla propaganda interna, viste le gravi difficoltà sociali ed economiche che il governo si trova ad affrontare, sia alla manipolazione dell’opinione pubblica all’estero, visti i crescenti ostacoli politici incontrati dal progetto di espansione egemonica delle Nuove vie della seta, ora diventate Vie della seta sanitaria [sic!].

Un esempio del lavoro capillare di disinformazione è rappresentato dalla contraffazione di un filmato diffuso a metà marzo nel quale compaiono numerosi cittadini italiani che si sporgono dalle finestre dei condomini di Torino e Roma per salutare e festeggiare il personale sanitario, cantando per farsi coraggio. Nella versione cinese l’iniziativa è stata fatta passare per il ringraziamento corale alla Cina per il suo aiuto “autenticamente solidale” (com’era stato definito pochi giorni prima dal nostro ministro degli Esteri), tanto che in sottofondo si sentono le note dell’inno nazionale cinese ad accompagnare i “Grazie Cina!” urlati dai balconi. Il falso, costruito ad arte, è stato fatto prontamente rimbalzare via twitter, non da ignoti blogger, ma dalla direttrice del Dipartimento informazioni del Ministero degli Esteri Hua Chunying, e dal suo vicedirettore, Zhao Lijian, il “lupo guerriero” che meglio di chiunque altro rappresenta la nuova tendenza, aggressiva e spregiudicata, della diplomazia cinese. Il video, divenuto subito virale soprattutto in Cina, ha contribuito a rafforzare il sentimento nazionalistico e patriottico della popolazione, provata da mesi di restrizioni e repressioni di una durezza inimmaginabile per noi. Nonostante la risonanza che la manipolazione del filmato ha avuto anche in Italia, il nostro ministro degli Esteri si è ben guardato da ogni commento.

Il ministro Di Maio si è invece prestato fin dall’inizio a fare da megafono alla propaganda cinese, dando risalto alla cosiddetta diplomazia “delle mascherine” ed esaltando l’arrivo degli aiuti cinesi (mostrando nelle televisioni nazionali l’arrivo del primo aereo come fosse in diretta, in un filmato riproposto dal suo portatile personale) e sottolineando al tempo stesso la mancanza di tempestività dei partner europei. Tale comportamento fin troppo ossequioso è stato apprezzato dall’ambasciata cinese in Italia, in una sorta di gioco delle parti. Quasi metà delle migliaia di post pubblicati su Twitter tra l’11 e il 23 marzo con l’hashtag #forzaCinaeItalia e #grazieCina a supporto della campagna di propaganda filo-cinese è risultata essere opera di falsi profili automatizzati. Si è inoltre creata una confusione tra le donazioni e gli ingenti acquisti di materiali sanitari, in parte voluta e in parte causata dalla richiesta avanzata dalle autorità e dalle aziende cinesi di sancire le fasi della consegna delle mascherine da cerimonie corredate da foto ufficiali da far avere ai media; ancor oggi credo che nessuno possa distinguere le une dagli altri; l’unica cosa certa è che le aziende hanno realizzato importanti guadagni vendendo merce non sempre di buona qualità e conforme alle normative europee (le aziende produttrici di mascherine sono passate in brevissimo tempo da 8 mila a oltre 40 mila, molte delle quali operano senza le necessarie autorizzazioni).

Che il ministro avesse l’intenzione di “portare a casa” come un proprio successo personale l’aiuto offerto dai cinesi è provato dalle sue dichiarazioni ai media (“Chi ci ha deriso sulla Via della Seta ora deve ammettere che investire in questa amicizia ci ha permesso di salvare vite in Italia”; “Mi fanno sorridere quelli che ci contestavano di aver aperto la via della Seta. Avevamo ragione quando abbiamo inviato 40mila mascherine in Cina appena scoppiata l’epidemia a Wuhan. È stato importante anche il concerto organizzato al Quirinale con il più importante artista cinese.”). Nella stessa direzione è andato il commento di Alessandro Di Battista: “Il nostro Paese potrebbe giocarsi la carta del rapporto privilegiato con Pechino che, piaccia non piaccia, è merito del lavoro di Di Maio… La Cina vincerà la terza guerra mondiale senza sparare un colpo e l’Italia può mettere sul piatto delle contrattazioni europee tale relazione.” Gli interventi umanitari sono per definizione impostati sul principio delle reciprocità e nessuno dovrebbe esibirli per fini di propaganda politica. La Cina ha ricevuto supporto da oltre cento paesi nel corso della prima fase dell’epidemia, quando ancora non si era trasformata in pandemia, e nessuno se n’è mai vantato. Va anzi segnalato che le autorità cinesi hanno espressamente raccomandato ai paesi donatori di mantenere un certo riserbo.

Il rapporto del Copasir pone all’ordine del giorno una serie di interrogativi politici rilevanti per il futuro del governo e del Paese: quali sono i rapporti e gli interessi che legano alla Cina il M5S (attualmente il partito di maggioranza nel Parlamento e nel governo), Luigi di Maio e il suo entourage (primo fra tutti il sottosegretario Manlio Di Stefano), il garante Beppe Grillo e la Casaleggio Associati? E quanto è radicata in Italia la rete di sostegno alla Cina creata in questi anni coinvolgendo politici, diplomatici, funzionari, imprenditori, professori universitari, ricercatori e faccendieri, attivando collaborazioni personali, finanziando fondazioni, istituzioni pubbliche e private, università e centri culturali e di ricerca?

Che Beppe Grillo nel suo blog sia passato dall’essere fortemente anti-cinese (basti ricordare quando nel 2016 invitava i suoi followers a seguirlo a Bruxelles per sostenere la sua contrarietà alla concessione alla Cina dello status di economia di mercato) a essere spudoratamente filo-cinese è un fatto ampiamente documentato dal blog stesso. Sono stati soprattutto gli articoli di Michele Geraci, pubblicati nel 2018, a fornire il supporto ideologico e a tracciare il nuovo corso: da allora la Cina non è più la minaccia da arginare, ma il modello da seguire; l’intervento cinese viene presentato come la soluzione di tutti i problemi italiani, da quelli economici e infrastrutturali a quelli legati all’immigrazione. Un paio di giorni dopo aver pubblicato l’ultimo articolo, Geraci divenne sottosegretario al Mise, il ministero guidato proprio da Di Maio. Si deve a Geraci l’avvicinamento del capo politico pentastellato alla Cina, realtà fino a quel momento a lui del tutto ignota (ricordate la gaffe del presidente Ping?), e soprattutto la firma nel settembre 2018, a Pechino, del Memorandum sulla collaborazione in Paesi Terzi, che avrebbe dovuto spalancare le porte a una collaborazione dell’Italia con la Cina in Africa, e nel marzo 2019, a Roma, del controverso Memorandum sulla Via della seta che avrebbe dovuto far volare le nostre esportazioni. Tale iniziativa ha creato notevoli frizioni con i nostri alleati americani ed europei e si è rivelata un fallimento completo: a fine 2019, ben prima quindi dello scoppio della pandemia, le nostre esportazioni erano diminuite (fatte salve le famose arance), mentre le importazioni dalla Cina, quelle sì, erano aumentate; nessun investimento di rilievo era stato effettuato dai cinesi in Italia e nessuna iniziativa comune era stata intrapresa in Africa, continente dal quale ora siamo praticamente scomparsi.

Caduto il governo Conte 1, con il Conte 2 Di Maio si è spostato agli Esteri e ha portato con sé l’intero comparto del commercio estero, compiendo un colpo di mano accettato senza la minima opposizione dal ministro che lo ha sostituito al Mise, ormai feudo del M5S, il fedele Stefano Patuanelli. Finita l’epoca di Geraci, breve ma importante per gli interessi cinesi in Italia, ecco apparire sul blog di Grillo un nuovo ideologo, attivo anche su «Global Times», l’organo di stampa in lingua inglese dell’Ufficio propaganda del partico comunista cinese: Massimo Parenti, professore in Italia e soprattutto in Cina (Geraci era professore solo in Cina…), il cui fervore e la cui devozione alla causa cinese sono documentati da una decina di articoli. Parenti, ancor più filo-cinese del suo predecessore, è noto per la sua posizione negazionista rispetto alla repressione della comunità musulmana uigura nello Xinjiang. A suo parere si tratta di una montatura, lui, che nel Xinjiang c’è stato “in visita di studio” dal 3 al 7 settembre dello scorso anno, garantisce: la presenza di un milione di uiguri nei campi di rieducazione è un’invenzione degli americani e della Nazioni Unite, quindi possiamo stare tranquilli.

Da più parti sono state sollevate perplessità sui rapporti intrattenuti da Grillo con il governo e alcune aziende cinesi (ricordate le visite e i pranzi all’ambasciata cinese a Roma?), da Luigi di Maio e da diversi esponenti del M5S, ma anche dalla Casaleggio Associati. Paola Pisano, a capo di un altro ministero chiave in mano al M5S, l’Innovazione, a febbraio scorso, presentando tra lo sconcerto e l’imbarazzo generale il Piano Innovazione «2025. Strategia per l’innovazione tecnologica e digitale», ringraziò per l’aiuto datole la Casaleggio Associati e in particolare Davide Casaleggio, da lei nominato per l’occasione “professore di innovazione”, titolo quello di professore che oramai non si nega a nessuno. Il progetto ricorda già nel titolo il piano «Made in China 2025» lanciato da Xi Jinping nel maggio del 2015 per stimolare il rinnovamento tecnologico e digitale del suo Paese. Vista l’influenza rilevante, e mai del tutto chiarita, esercitata dalla Casaleggio Associati su una parte rilevante della compagine parlamentare, sarebbe opportuno che venisse resa nota la lista dei suoi clienti, per conoscere gli eventuali rapporti con gruppi industriali e commerciali cinesi.

Le decisioni sull’acquisizione di nuove tecnologie, non solo sul 5G (l’Esercito popolare di liberazione sta già studiando le potenzialità che il 6G di prossima generazione avrà in ambito militare), saranno determinanti per la sicurezza nazionale e per prevedere la ricaduta delle scelte geopolitiche a cui andremo incontro. Le ripetute affermazioni dell’appartenenza dell’Italia allo schieramento atlantico e le continue rassicurazioni da parte di Di Maio e di Conte non sarebbero necessarie se venissero chiariti, una volta per tutte, gli interessi e i legami del M5S & Co., ma anche di alcuni esponenti di altri partiti, con la Cina. Ora in ambito diplomatico il gioco si fa più serrato, come dimostra l’intervento censorio esercitato dalle autorità cinesi sull’editoriale firmato dagli ambasciatori di 27 paesi europei e pubblicato dal «China Daily» in occasione del 45° anniversario delle relazioni Europa e Cina: un vero disastro diplomatico destinato ad avere ripercussioni importanti nel prossimo futuro. Anche in ambito militare si registra un preoccupante aumento di attività nel Mar cinese meridionale, lungo il confine con l’India, a Hong Kong e nei confronti di Taiwan. Un’assertività crescente quanto scomposta, che sta avendo un effetto boomerang sul piano internazionale.

Non rassicurano certo l’annuncio dell’incremento delle spese militari del 6,6% e le recenti dichiarazioni di Xi Jinping che, da capo supremo delle forze armate, ha esortato l’Esercito popolare di liberazione a prepararsi a passare da mansioni di natura civile – come nel caso della pandemia – a compiti di natura strettamente militare, per essere pronti a operare in scenari di guerra. Né si può trascurare quanto affermato dal portavoce del ministero della Difesa, Wu Qian, che in riferimento alle crescenti minacce alla sicurezza nazionale implicite nelle richieste scissioniste provenienti da Hong Kong e da Taiwan considera ormai concluso l’esperimento della politica “un Paese, due sistemi”, e ritiene inammissibili le ingerenze di chi dall’estero sostiene quelle richieste.

MAURIZIO SCARPARI

(in collaborazione con www.inchiestaonline.it)

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