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Sintesi di un intervento su questi temi alla Festa dell’unità di Bologna.
Le coordinate dello Smart working
Spazio e tempo sono le coordinate che caratterizzano anche la dimensione dell’organizzazione del lavoro.
E’ ormai tempo di recuperare il giusto rapporto tra ciò che si fa e il posto dove lo si fa.
L’azione degli uomini deve creare “nomos”, “misura” (Schmitt).
Lo Smart Working può essere la soluzione per consentire alla lavoratrice o al lavoratore di svolgere la propria attività in un luogo comodo.
Si stravolge quindi la dinamica di controllo e di esercizio della gerarchia di potere attraverso la presenza fisica in ufficio.
Noi viviamo e lavoriamo nel tempo che ha un suo ordine di grandezza e può scorrere diversamente per ognuno di noi.
Lavorare su progetti, programmando i tempi e piegandoli alle proprie esigenze, può migliorare la produttività: si evita di dover aspettare la fine del turno in maniera improduttiva o di perdere “la misura del tempo” e non disconnettersi mai.
Nell’ambito dei dibattiti che hanno animato quest’anno la Festa dell’Unità di Bologna, uno spazio particolare è stato dedicato al tema dello Smart Working, sotto il profilo dell’organizzazione del lavoro e delle politiche di genere e di welfare.
Dopo l’esperienza massiva del lavoro in remoto durante il lockdown, si è resa necessaria una riflessione sulla declinazione presente e futura del lavoro agile.
La Legge 81/2017 demanda infatti alla contrattazione individuale le modalità con cui il datore di lavoro intende organizzare le attività in Smart working.
Non vi è dubbio che la norma debba essere migliorata e integrata perché nella sua forma originaria ha determinato discriminazioni e disparità di trattamento.
Nel corso del dibattito sono emersi i punti di caduta del vuoto normativo: lasciando sbilanciato il potere contrattuale a favore delle aziende, la legge ha determinato delle interpretazioni restrittive, come nel caso della erogazione del buono pasto.
La singolarità dello Smart Working sta nel ribaltamento dei paradigmi dell’organizzazione del lavoro perché chi presta l’opera si ritrova anche a fornire i fattori della produzione come i locali con utenze annesse e connesse.
Connessione e disconnessione sono temi centrali di questa nuova modalità di lavoro perché non bisogna dare per scontato che vi sia una equa distribuzione delle infrastrutture nel nostro Paese, non solo per peculiarità geografiche ma anche architettoniche.
A volte anche nelle Smart city si fatica ad essere connessi quando si vive in palazzi medioevali…
Le connessioni realizzano quella che Negri definiva “la nuova forma dell’Impero” , ossia la Rete e quindi la variabile spazio diventa anche una variabile sociale.
Là dove c’è partecipazione e attivismo le città diventano Smart ed il lavoro diventa davvero agile perché al nuovo modello organizzativo aziendale si affiancano strumenti di conciliazione come asili nido, mobilità sostenibile, politiche sugli orari.
Francesca Bria, assessora del comune di Barcellona con delega alle tecnologie e all’innovazione digitale, è una eccellenza italiana che ha messo in luce le criticità del modello:” lo scollegamento con i problemi reali della gente, la ricerca tecnocratica del dominio sulla nostra vita, l’ossessione per la sorveglianza e il controllo, l’incapacità di pensare nuovi modi che mettano i cittadini, invece che le aziende al centro del processo di sviluppo.”
Per fare un salto di qualità la politica, i sindacati, le associazioni ed in generale tutti i corpi intermedi, sono chiamati ad agire per un progetto comune: il bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro, la reale affermazione del diritto alla disconnessione, nuovi strumenti a sostegno della genitorialità e della parità di genere, una formazione di qualità, scolastica e professionale, per il governo della digitalizzazione e l’inclusione nei processi di innovazione.
Accettare la sfida dal basso è un lavoro Smart!
di Sabina Porcelluzzi
segretario generale Fisac Cgil di Bologna
1 Responses to LAVORO AGILE CONCILIAZIONE DIFFICILE