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Alberto Cini: Settimana della cultura tibetana a Bologna

di ALBERTO CINI

( in collaborazione con www.inchiestaonline.it)

Alberto Cini: Settimana della cultura tibetana a Bologna

| 22 Novembre 2024 | Comments (0)

 

 

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Alberto Cini

Settimana della cultura tibetana a Bologna

A Bologna dal 30 novembre al 6 dicembre 2024 si svolgerà la settimana della cultura tibetana, presso il Camplus Bononia di via Sante Vincenzi 49.

Questo evento è di estrema importanza data la situazione sociopolitica a livello internazionale, poiché contribuisce a sostenere l’esistenza di una delle più importanti culture sapienziali del mondo, cioè quel fenomeno che conosciamo come Buddismo Tibetano, sostenuto dalle sue radici nell’originaria cultura Bon,  di cui conserva le testimonianze. Questo patrimonio è frutto di strati di contaminazione culturale che si fondono alchemicamente, per dare forma a strutture antropoarchetipiche della conoscenza umana e delle sue possibili rappresentazioni. Tutto questo tesoro è stato mantenuto intatto per migliaia di anni data la strutturale conformazione geografica del Tibet. Questa preziosità antropologica, che è un patrimonio dell’umanità, subisce oggigiorno il tentativo di annullamento, da parte di regimi rivestiti di differenti indumenti storici ma che hanno caratteristiche simili. Come Stalin cancella Trockij dalle fotografie della propaganda, così pare che dopo l’invasione e occupazione del governo cinese nel Tibet (per prendersi le risorse minerarie e la posizione strategica verso l’india) sia nata una predisposizione generale al “nascondimento” di questa grande formazione culturale tibetana, che proprio in quanto tale, punterebbe troppo i riflettori sulla gestione “mondana” ed economicamente opportunistica delle alleanze politico-economiche dell’Occidente con il governo di Pechino. Al Buddismo Tibetano è stata lasciata apparentemente la testimonianza di una metodologia del concepire la vita nel suo accesso alla matrice “spirituale”, divenuto un tratto sociale che alla Weber possiamo chiamare “idealtipico”, mentre sulla conseguenza di una testimonianza storica di “gestione indiscriminata del potere e della forza prevaricante” non proprio edificante è meglio tacere.

Sin dalla presunta involontaria responsabilità di Giulio Cesare nel rogo della biblioteca di Alessandria, all’ invece certo rogo di libri della notte del 10 maggio del 1933 dopo l’ascesa di Hitler a Berlino, la storia insegna che la cultura ritenuta “altra” è sempre una presenza ingombrante nella scena politica dei poteri economici, nei luoghi del conflitto, poiché sarebbe come esaltare e curare l’arma del nemico, “oggetto” che non è mai da tutelare ma piuttosto da celare. Per questa ragione il popolo del Tibet chiama questo atteggiamento “genocidio culturale”, a seguito di quello della popolazione stessa in termini di vite umane.

Ancora oggi, Pechino cerca di aumentare la sua influenza politica sul territorio tibetano, dichiarando che l’elezione del 15°  Dalai Lama non seguirà il tradizionale procedimento monasteriale, ma verrà nominato dal governo di Pechino, promuovendo l’unità territoriale cinese.

(Spazio alla fantasia, già immagino una canzone di un prossimo San Remo dove un rapper idolatrato fraseggia: “Sento vicino / un pochino di Pechino / lontani i guai / con la borsa di Shanghai / ecc… ecc…”)

Sarà per questo che, volente o nolente, anche l’amministrazione bolognese, dopo aver deliberato nel 2008, con il sindaco Cofferati, il conferimento della cittadinanza onoraria al Dalai Lama, non è mai riuscita,  neanche a seguito di varie occasioni, a consegnare ufficialmente la pergamena?

Anche questa volta, in seguito all’organizzazione di questo importante evento culturale a sostegno della “sapienza” tibetana, vi sarebbe stata la possibilità della consegna dell’importante documento, data la presenza al primo incontro d’apertura della sorella del Dalai Lama, Jetsun Pema , colei che i tibetani chiamano “Amala”, cioè “madre”, perché lo è stata e lo è ancora per migliaia di loro, che a 86 anni ha parecchio da insegnare anche al resto del mondo.

Jetsun Pema dopo l’occupazione da parte della Repubblica Popolare Cinese nel 1950 è la donna che ha difeso la cultura del suo Paese e il diritto allo studio dei bambini che – come lo stesso Dalai Lama dal 1959 – vivono in esilio. Per 43 anni è stata presidente dei Tibetan Children’s Villages, i villaggi-scuole che il Dalai Lama ha creato a Dharamsala, nel nord dell’India, meta di migliaia di profughi.

Curiosità: Jetsun Pema ha interpretato la madre del Dalai Lama in Sette anni in Tibet, il film del 1997 di Jean-Jacques Annaud con Brad Pitt.

Consiglio a tutti gli interessati di partecipare all’evento creato e gestito dall’associazione Rimè di Bologna, di cui pubblichiamo il programma.

Ringrazio calorosamente il Presidente dell’Associazione Rimè, Dott. Paolo Roberti di Sarsina, e il Dr. Claudio Cardelli, Presidente dell’associazione Italia-Tibet, per la loro costante opera, per la generosa disponibilità alle mie domande, e per gli stimoli ad approfondire il tema della divulgazione della cultura tibetana.

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